«Serbo sempre un animo allegro»

Da una lettera, scritta da san Pio al suo direttore spirituale dopo un lungo periodo di malesseri fisici e morali, possiamo trarre questi insegnamenti: la letizia in mezzo alle sofferenze e lo zelo per il perfetto adempimento dei doveri cristiani e religiosi.

di Suor M. Cecilia Pia Manelli (26-05-2024)

L’ampiezza e la profondità dei dolori e delle prove sopportate da san Pio si conoscerà solo in Cielo. Il Signore si compiacque di visitarlo con molte tribolazioni e sofferenze corporali, perché lo scelse quale strumento di salvezza per milioni di anime, non solo anime di peccatori ma anche di anime purganti. Per questo, spesso il Santo si trovava nell’impossibilità di scrivere e di comunicare con il suo padre spirituale, l’unica luce e “bussola” nelle tenebre che a volte lo avvolgevano. Dopo più di un mese di silenzio, dovuto ai suoi malori fisici e spirituali, finalmente riuscì a scrivere a padre Benedetto nel febbraio del 1911 (Ep. I, 29):

Pietrelcina, 24 febbraio 1911
J.M.J.F.
Mio carissimo padre,
dal mio lungo silenzio non abbia a credersi che io abbia avuto meno bisogno in questi giorni dei suoi buoni consigli e delle sue esortazioni, poiché si sbaglierebbe di certo.
Non ho scritto perché stavo male.
Riguardo alle afflizioni e guerre spirituali, l’assicuro che vanno di pari passo con le afflizioni corporali. Al moltiplicarsi di queste succede l’aumento di quelle. Non so dove andrò a finire, se si procederà sempre in questo modo. Ringrazio però il Signore, perché nonostante che in certi incontri massimamente soffro momenti proprio di angoscia, serbo però sempre, sebbene debbo farmi gran violenza, un animo allegro; e sembrami che un nuovo coraggio dolcemente mi scenda nel cuore.
Intanto con fiducia mi gitto nelle braccia di Gesù ed avvenga poi quello che lui ha decretato ed egli certamente ci deve pensare ad aiutarmi.
Vengo infine a chiederle una carità. La santa quaresima oramai è prossima, ella ben conosce il mio stato; desidererei adunque sapere da lei proprio a che son tenuto in tali giorni e solo in questo modo potrò rimanermene tranquillo in coscienza. Mi dica inoltre cosa debbo fare delle due formule di professione di fede, che ella mi ha inviato.
Raccomandandomi alle sue preghiere, la ossequio e le bacio la mano.
Il suo ubbidientissimo
fra Pio

Leggendo le lettere di san Pio, nelle quali vi è sempre una costante fissa, la sofferenza fisica e spirituale, viene spontaneo chiedersi: ma il Santo del Gargano ebbe mai un attimo di requie da dolori e prove?

Chi lo incontrava e aveva la grazia di potersi fermare con lui a parlare, poco scorgeva di tutto questo mistero di sofferenza che ha sempre accompagnato ogni istante della sua vita. Lui stesso in questa lettera afferma: «Non so dove andrò a finire, se si procederà sempre in questo modo»! Eppure, nonostante questi periodi di angoscia terribile, continuava a ringraziare il Signore perché, facendosi grande violenza, riusciva a mantenere un animo allegro e a ricevere sempre nuovo coraggio.

Ecco il primo insegnamento per tutti noi: la perfetta letizia e il coraggio cristiano di fronte alla croce. La gioia dovrebbe essere il distintivo di coloro che veramente sono ripieni di fede, speranza e carità soprannaturali. La virtù del cristiano è quella di saper gioire nelle sofferenze, certi che il Signore non abbandona mai coloro che sperano in Lui e che soffrono per Lui, come insegna san Paolo: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione,  il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio.  Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione» (2Cor 1,3-5). Sarà Dio stesso a pensare a noi. Così ci ammaestra san Pio con il suo esempio: gettarsi nelle braccia di Gesù e avvenga poi quello che Lui ha decretato. La nostra fiducia nella volontà di Dio, che deve pensare ad aiutarci, sarà di sostegno e incoraggiamento alle anime più deboli e incostanti.

Ma un altro insegnamento ci offre padre Pio in questo suo scritto: lo zelo nell’osservanza delle prescrizioni che la Chiesa ha stabilito per alcuni tempi dell’anno e per i predicatori. Il Santo, infatti, si preoccupa di chiedere al suo padre spirituale come deve regolarsi per ciò che era prescritto per la Quaresima: data la sua fragile e malferma salute non voleva esonerarsi da solo dalle penitenze prescritte sia dalla Chiesa che dall’Ordine e, per rimanere tranquillo in coscienza, si sottomette a ciò che il suo direttore gli dirà. Bell’esempio di come dovremmo tenerci anche noi ad essere fedeli alle piccole mortificazioni che in alcuni tempi dell’anno la Chiesa ci chiede. Eppure, quanta fatica per deciderci a fare qualche piccola rinuncia! San Pio, sebbene in continua sofferenza fisica e spirituale, non per questo si dispensa dai suoi doveri di cristiano e di religioso. E noi?

Inoltre, si premura di chiedere spiegazioni circa le formule di professione di fede che padre Benedetto gli aveva mandato: si trattava della professione di fede da farsi dai predicatori secondo le norme tridentine, e della professione antimodernista prescritta da san Pio X.

Quanta fedeltà e scrupolosità nel compiere ogni norma secondo coscienza! Che grazia poter conoscere, da questi scritti epistolari, l’animo delicato e allo stesso tempo severo nei doveri del suo stato del Santo stigmatizzato! Impariamo ad imitarlo.

(Fonte: Il Settimanale di Padre Pio)

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