Fatti inoppugnabili

di Gennaro Preziuso, da “Padre Pio, l’apostolo del confessionale” (Ed. San Paolo, 1998).

La fama di santità di Padre Pio, oltre che per i doni carismatici che il Signore aveva abbondantemente profuso su di lui, si diffondeva per le sue virtù e per fatti prodigiosi attribuiti alla sua intercessione.

La stampa registrava tutto e riportava con rilievo ogni avvenimento. Erano “fatti”, inoppugnabili, inspiegabili, indiscutibili.

Sul sagrato della chiesa si formavano capannelli. Ognuno aveva da raccontare qualcosa di straordinario. Malati, epilettici, ciechi, indemoniati, accorrevano da ogni dove per chiedere grazie, per chiedere preghiere.

Una bambina di Ribera (AG), Gemma De Giorgi, fin dalla nascita aveva gli occhi completamente privi delle pupille. Questa malformazione congenita mai le avrebbe consentito di vedere. Invece Gemma, dopo aver sognato Padre Pio, cominciò a distinguere le immagini, frequentò la scuola e imparò a leggere e a scrivere come una persona normale.

Giuseppe Canaponi, un operaio di 34 anni, era stato investito da un camion mentre, in motocicletta, correva per ragioni di lavoro. Doveva andare a sorvegliare gli impianti elettrici della rete ferroviaria. Aveva riportato la frattura del cranio e di alcune costole e fratture multiple alla gamba sinistra. Sottoposto invano a varie terapie, era stato dimesso in uno stato di disperazione, con il ginocchio completamente rigido per “anchilosi fibrosa consecutiva a frattura della diafasi femorale”. Quel ginocchio, tre anni dopo si era improvvisamente piegato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, a San Giovanni Rotondo, davanti al confessionale di Padre Pio. E Canaponi aveva così potuto evitare il licenziamento, ormai deciso dalle Ferrovie dello Stato. Per questo caso, il direttore della Clinica ortopedica dell’Università di Siena, professor Giuntini, aveva scritto che “la subitanea ripresa del movimento articolare costituiva nel suo paziente un evento che non poteva trovare, nei limiti delle conoscenze scientifiche, una logica spiegazione”.

La piccola Italia Di Chiara, ad un categorico invito di Padre Pio, deposto l’apparecchio ortopedico che avvolgeva le esili gambe colpite dalla poliomelite infantile, aveva cominciato a camminare speditamente.

Antonio D’Onofrio, rachitico e deforme, si era rialzato dall’inginocchiatoio su cui si era confessato, senza più la gobba, appena toccata da Padre Pio.

Pasquale Urbano, di Foggia, dopo un preciso ordine del Padre, aveva gettato i due bastoni con i quali si reggeva in seguito ad una caduta. Era guarito.

Una donna completamente sorda aveva riacquistato l’udito.

Del cancro allo stomaco da cui era affetto il medico Francesco Ricciardi, non c’era più traccia.

Altri eventi, tutti prodigiosi e strepitosi, si aggiunsero a quelli appena citati. Erano quasi sempre accompagnati da sincere conversioni e da radicali cambiamenti di vita. Non basterebbe un libro per descriverli.

La gente accorreva a San Giovanni Rotondo. Molti chiedevano a Padre Pio di poter diventare suoi figli spirituali. Il Padre accettava coloro che erano disposti ad essere “anime oranti”, a portare la propria croce con piena accettazione della volontà di Dio, ad essere fedeli ai propri doveri religiosi, famigliari e professionali, a percorrere la via della perfezione cristiana. «Vi accolgo ben volentieri», diceva, «ma a condizione che vi portiate sempre bene, che non mi facciate fare cattive figure davanti a Dio e davanti agli uomini, che siate esempi di vita cristiana. Altrimenti so usare anche la sferza».

Padre Pio amava tanto i figli del suo spirito, generati sempre «nel dolore e nell’amore». Ad Antonietta Pompilio un giorno aveva confidato:

«Col Signore ho fatto un patto: […] mi metterò sulla porta del paradiso e non vi entrerò se prima non avrò visto entrare l’ultimo dei miei figli spirituali».

Ma c’era anche chi a San Giovanni Rotondo si recava per altri motivi. Le folle si agitavano intorno al Padre, dando luogo a manifestazioni di paganesimo, di idolatria, che riempivano di amarezza e turbavano il suo cuore. Tutti volevano vedere, tutti volevano toccare. Gli tagliuzzavano l’abito al suo passare. Gli stringevano le mani come in una morsa, gli tiravano le braccia rendendo più penoso il suo incedere sui piedi forati. Lo comprimevano da ogni parte. Ognuno voleva che gli fosse tolta la croce dalle spalle. Nessuno invece chiedeva come si fa a portare la croce. Imploravano il miracolo senza sapere che solo Dio fa i miracoli. Il Padre si oscurava in viso e volutamente, quasi per difendersi, diventava burbero, scontroso.

Il suo era un atteggiamento momentaneo, un comportamento necessario. «Se non faccio così, la gente mi mangia. Guarda che fanno!», spiegava ad un confratello mostrando il cingolo tagliato e il saio sforbiciato. «Questo è paganesimo! Siamo in pieno paganesimo! Io mi vedo perduto e devo fare il duro. Dispiace anche a me, ma se non mi diporto così, mi uccidono!».

I “pellegrinaggi” a San Giovanni Rotondo a volte si trasformavano in bivacchi offrendo scene disgustose. E le autorità ecclesiastiche sentirono ancora il dovere di intervenire.

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