Padre Pio, il “buon pastore” delle anime

Padre Pio nell’ascoltare le Confessioni dei penitenti appariva come il buon Pastore, il Padre buono, che ama teneramente le anime e che le vuole salve a tutti i costi. Perciò, a volte usava la maniera forte, chiamata durezza o scontrosità dagl’incoscienti.

Egli commenta: «La vista di tante anime che si vogliono giustificare nel male, a dispetto del Sommo Bene, mi affligge, mi tortura, mi martirizza, mi logora il cervello, mi dilania il cuore…» […].

I peccatori mandati via da Padre Pio senza assoluzione o piangevano inconsolabili, o si ribellavano adirati, non comprendevano la ragione dell’assoluzione negata e quindi la necessità di una vera conversione e di un sincero ritorno a Dio. Molti di essi venivano a confessarsi da noi altri sacerdoti, che attendevamo alle Confessioni nella Chiesa grande, mettendoci in imbarazzo se dare o negare l’assoluzione. Qualche volta interrogammo Padre Pio per sapere come comportarci. Padre Pio, illuminato dalla grazia, prudente e buono ci rispondeva: «Quello che faccio io, voi non potete farlo. Regolatevi con prudenza, carità e comprensione». È vero che i penitenti non assolti da Padre Pio, andavano via tristi o adirati, ma erano sempre rassegnati e pensosi. Una forza ignota, la grazia di Dio, dopo mesi e anni, li riconduceva a lui pentiti e convertiti. Il penitente ritornava, perché Padre Pio, che si era fatto vittima per i peccatori, s’immolava ancora di più. «Vattene – diceva a un peccatore –, metti prima le cose a posto e poi torna…» e quando tornava, l’abbracciava con tutta l’effusione del suo cuore paterno, dicendogli: «Se sapessi quanto mi costi…». 

Un giorno scacciò un giovane e il suo viso sembrò colmo di sdegno, ma poi si sfogò con un confratello: «Quanto ho sofferto! Me lo sarei abbracciato!…». Qualche volta si mostrava burbero anche verso i Frati; verso le anime da lui dirette spiritualmente. Spesso mi capitava che, dovendogli parlare, nonostante la mia loquacità e confidenza filiale, ero preso da trepidazione inspiegabile, da non poter spiccicare parola. Padre Pio, che non aveva tempo da perdere, esclamava: «Vuoi sbrigarti?… Che cosa vuoi?…». Io, facendomi coraggio: «Padre, quando si è alla sua presenza, si perde la parola». Padre Pio: «Perché… incuto forse timore?». Subito addolcendo il tono: «Be’; che cosa hai da dirmi?». Allora, con pazienza ed amabilità mi ascoltava, mi dava la risposta o il consiglio richiesto e mi licenziava con tenerezza. 

Un giorno accompagnai da Padre Pio un avvocato, molto lontano dalla Chiesa e dai Sacramenti. Temevo che il Padre lo cacciasse o gli rivolgesse una parola di rimprovero, ma con mia grande meraviglia gli rivolse parole dolci e paterne e gli pose la mano sulla spalla. L’avvocato, dinanzi a tanta amabilità, si commosse ed uscendo dal Convento esclamò: «Padre Pio è un uomo del Cielo!… Tutti così dovrebbero essere i sacerdoti…».

[Padre Alberto D’Apolito, “Padre Pio da Pietrelcina. Ricordi, esperienze, testimonianze”, pp. 240-243]

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