Padre Pio, il santo più perseguitato dagli uomini di Chiesa

San Pio da Pietrelcina, uno dei santi più affascinanti per la mole di carismi ricevuti, è stato anche uno dei più perseguitati nella Chiesa. Negli anni ‘20 del secolo scorso, due anni dopo le stigmate, inizia il suo Calvario. Il padre Gemelli aprirà le danze. Si succederanno ben 70 visite apostoliche con altrettanti decreti di condanna emessi dal S. Uffizio. Le accuse erano le più clamorose, ma sempre le stesse: un uomo immorale, finto povero per le offerte che riceva da tutto il mondo e uno psicopatico con delle stigmate causate dal suo autolesionismo. P. Pio oggi è acclamato come uno dei più grandi santi. Perché questo accanimento contro un uomo fragile e sempre obbediente? C’è una sola risposta: P. Pio era stato scelto per una missione speciale, di cui il suo stesso direttore spirituale, P. Benedetto da San Marco in Lamis, lo renderà edotto: essere “corredentore” a favore della Chiesa, salvare la Sposa di Cristo in un momento drammatico della sua storia.

di P. Serafino Lanzetta

In questo articolo tratteremo la figura di un grande santo – padre Pio da Pietrelcina –, caro a tutti noi, conosciutissimo, molto popolare, ma allo stesso tempo un grande mistero, al punto che egli stesso, scrisse al suo padre spirituale: «Sono un mistero a me stesso».

È un uomo che ha caratterizzato la vita della Chiesa per quasi un secolo. La vita di padre Pio, infatti, s’intreccia con la vita della Chiesa. Le vicende della sua vita segnano le vicende della Chiesa, e viceversa. È questo il tema su cui argomenteremo per scandagliare la figura del frate del Gargano, cercando di addentrarci soprattutto nelle vere motivazioni delle tante persecuzioni subite nella Chiesa e da uomini di Chiesa. Ci chiederemo: perché tutto questo? Qual è la vera ragione?

Questo tempo ci è propizio per affrontare tali riflessioni: siamo ancora, infatti, nel mese di settembre – mese mariano dedicato a Maria Addolorata Corredentrice – e abbiamo celebrato da poco il dies natalis di padre Pio, che è il giorno della morte, il 23 settembre.

Padre Pio corredentore

Il mistero di padre Pio s’intreccia, allora, con il mistero della Corredenzione di Maria. Padre Pio è un corredentore che, nella Chiesa, manifesta questa sua missione. Ed è per questo che egli dovrà soffrire persecuzioni atroci, e quasi senza tregua.

Perché? Perché il Nostro è uno dei santi che sono stati più perseguitati? Settanta visite apostoliche! Il che significa visitatori, persone, monsignori mandati dalla Santa Sede per accertarsi, per prendere informazioni su questo frate cappuccino stigmatizzato che risultava “strano”.

Di padre Pio si sa che ebbe impresse le stigmate, che è stato anche un confessore acclamato da un gran numero di persone e un sacerdote ricercato perché celebrava la Messa in modo straordinario.
Ma c’erano diverse accuse nei suoi confronti. Comprensibile, dunque, che ci fossero dei dubbi e ci fosse bisogno di più di una visita apostolica per giungere a chiarezza. Ma settanta! Basti pensare che iniziarono negli anni Venti del secolo scorso e praticamente si conclusero con la morte del Santo. S’inizia, infatti, con la vicenda del padre Agostino Gemelli, che sarà uno dei principali accusatori e anche – se vogliamo – dei nemici di padre Pio, per concludersi poi con l’ultima visita apostolica ordinata da papa Giovanni XXIII che ebbe come protagonista mons. Carlo Maccari in veste di visitatore apostolico.

Le accuse a padre Pio

Quali erano dunque le accuse rivolte a padre Pio? Erano diverse, ma complessivamente si trattava di tre capi d’accusa ben precisi.

Anzitutto si diceva che egli fosse un frate immorale, circondato da diverse donne che fungevano quasi da “soldati” che lo difendevano. Si dubitò di alcune donne in particolare, tra cui una delle sue figlie spirituali predilette, Cleonice Morcaldi, alla quale padre Pio confidò molte delle sue grazie straordinarie. Esiste anche un diario, molto bello, che raccoglie le conversazioni tra padre Pio e Cleonice, da cui apprendiamo fatti straordinari circa i fenomeni e le rivelazioni che hanno intessuto la vita del Santo.

Dicevamo, dunque: un uomo immorale, cioè un finto santo che si circondava di donne per approfittarsene, una sorta di “Don Giovanni”, un personaggio, insomma, che sfruttava la sua posizione per altri fini; questa la principale, infamante accusa che ritorna negli anni, di frequente, soprattutto a partire dagli anni Venti. Si ripresenterà poi anche con Giovanni XXIII che nutriva forti dubbi. A ingenerare le più forti perplessità era proprio il fatto che queste donne difendevano a spada tratta padre Pio, ma allo stesso tempo erano ritenute vittime morali di un abuso anche psicologico. Da ciò, poi, il passo è breve per giungere all’accusa di disobbedienza agli impegni della stessa vita religiosa.

Un frate, si sa bene, fa tre voti: obbedienza, povertà e castità. Nel caso di padre Pio, si diceva che fosse un frate disobbediente perché non viveva i suoi voti; soprattutto – dicevano –, non viveva il voto di povertà, raccogliendo offerte da tutto il mondo e disponendo di grandi somme di denaro. Ecco la seconda, pesante accusa.

Calunnie contro il Santo, dunque, considerato un imbroglione, che faceva soldi sfruttando la “clientela mondiale” che visitava San Giovanni Rotondo. Com’è possibile – si chiedevano – che un frate che fa voto di povertà accumuli così tanti soldi?

Ma, come sappiamo, le offerte che giungevano a padre Pio erano offerte destinate alla costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, un ospedale che è sorto per ispirazione di padre Pio per alleviare le sofferenze dei malati e che è estensione della sua stessa missione di corredentore. Ci si dimenticava poi che il Padre ebbe una dispensa accordatagli da papa Pio XII per poter gestire il flusso delle offerte.

Il fraticello, che aveva preso su di sé i peccati della gente, con i suoi dolori, voleva fare anche qualcosa di molto concreto, oltre che di spirituale, nei confronti di queste persone affrante, ammalate, sofferenti. Voleva creare un luogo ideale per cercare di curare i mali fisici di questa gente – oltre chiaramente ad operare per la guarigione spirituale mediante i sacramenti –, cioè un ospedale all’avanguardia, con gli strumenti più moderni e con il personale medico più qualificato.

Per questa ragione le accuse a lui rivolte erano di farsi ricco a scapito della povertà professata e delle persone. Ma, guarda caso, tali accuse erano state architettate da coloro che avevano ricevuto un fermo diniego da parte di padre Pio, quando gli avevano chiesto quei soldi per altri fini, cosa che egli mai volle concedere, perché diceva – giustamente – che le offerte indirizzate a lui non erano sue e andavano impiegate esclusivamente per la costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza. Quando padre Pio negò anche al suo stesso Ordine religioso la possibilità di usufruire di quei soldi per altri scopi, è allora che si accese la persecuzione nei suoi confronti.

Ecco infine il terzo capo d’accusa, che ritorna spesso nelle settanta visite apostoliche: una sentenza inappellabile con cui lo si giudicava uno squilibrato a livello psicologico, uno psicopatico, una persona affetta da problemi molto seri; ragion per cui, in questo stato di alterazione, avrebbe in definitiva causato da sé medesimo le stigmate che portava sul suo corpo… delle stigmate che non erano autentiche ma indotte dalla sua stessa malattia psichica.

Si capisce che queste tre accuse, spesso ricorrenti, non stanno in piedi e hanno radici ben più profonde.

Le ragioni che stanno dietro le accuse

Cerchiamo, quindi, di riflettere un po’ sui possibili diversi motivi che si nascondevano dietro queste accuse, ripercorrendo brevemente l’iter storico delle visite apostoliche, focalizzandoci soprattutto sui due grandi momenti in cui infierì la persecuzione contro il nostro Santo.

Agostino Gemelli ofm (1878-1959)

Partiamo dal 1920. Padre Pio ha ricevuto le stigmate nel 1918. Prima di questo fenomeno mistico, ce ne fu un altro molto importante. Mentre è in preghiera, si accorge di essere stato colpito da un mistico dardo infuocato che gli trafigge il costato. Sente che il suo cuore è stato trapassato: è la transverberazione. Padre Pio in quel momento prova tutto il dolore che Gesù ha sperimentato sulla Croce quando veniva crocifisso per noi. E questo fenomeno di intensa sofferenza ma anche di profondo amore, fa sperimentare al Padre una profonda unione mistica con il Signore.

La transverberazione precederà dunque il fenomeno più importante, e anche più noto, che è quello delle stigmate che padre Pio ricevette mentre era in preghiera davanti al crocifisso del coro di San Giovanni Rotondo, trovandosi impressi, nella sua carne, i segni della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. È il Crocifisso stesso che lo trafigge e imprime nel suo corpo le Sue medesime piaghe. Padre Pio, sconvolto da questa esperienza mistica, chiede al Signore di nascondere quei segni esteriori della Sua Passione. Ma il Signore glieli lasciò per cinquant’anni, fino al momento della morte: cinquant’anni di sofferenza a causa di quelle cinque piaghe sempre sanguinanti.

Padre Pio, come si vede in alcune foto, portava sempre dei mezzi guanti per poter coprire quelle piaghe; e li toglieva soltanto durante la Messa, come testimoniano diversi figli spirituali che vi partecipavano – soprattutto quelli che servivano la sua Messa –: era per loro il momento propizio per poter osservare attoniti quelle ferite nelle mani del Padre. Ferite sempre vive.

Ma il dolore più grande sperimentato dallo Stigmatizzato del Gargano non fu tanto quello causato dalle piaghe sanguinanti per anni, quanto piuttosto un dolore morale, una sofferenza interiore causata da questo accanimento persecutorio nei suoi confronti.

Padre Pio non è il primo a vivere tale eccezionale grazia mistica perché, come sappiamo, il primo ad essere stigmatizzato, a portare i segni della Passione di Gesù nel suo corpo, fu san Francesco d’Assisi, che li ricevette due anni prima di morire, nel 1224 sul monte della Verna.

Padre Pio, figlio del Serafico Padre, è però il primo sacerdote ad essere stigmatizzato. E un sacerdote non vive come eremita solitario, ma in un convento, in una chiesa, sotto gli occhi di tutti. Il caso di padre Pio, dunque, è decisamente unico.

L’inganno della “relazione Gemelli”

Il padre Gemelli, grande luminare della scienza e figura ecclesiastica di gran rilievo del XX secolo, è stato un medico psichiatra e uno psicologo agnostico. Una volta convertito, vestì l’abito francescano e divenne un collaboratore del Sant’Uffizio molto stimato da Benedetto XV prima e da Pio XI poi, i quali si fidavano di lui. Lo scopo di padre Gemelli, infatti, era quello di cercare un dialogo nuovo tra fede e scienza, sfruttando soprattutto la sua esperienza e preparazione culturale. Padre Gemelli era la persona ideale per dimostrare al mondo scientifico che esiste un punto d’incontro tra fede e scienza. Questo il suo obiettivo, dunque: dimostrare alla Santa Sede e al papa, che fede e scienza possono collaborare. E tutto ciò si realizzerà in modo eccellente con la fondazione dell’Università del Sacro Cuore di Milano, in cui cultura e fede cristiana si sposano.

Cosa succede, però, quando padre Gemelli si scontra con il fenomeno “padre Pio”? Se da un lato questa idea di dialogo tra fede e scienza deve sbocciare in modo fecondo e nuovo, dall’altro ci si trova di fronte a un fenomeno mistico che non è spiegabile a livello scientifico: la stigmatizzazione. Padre Pio e le sue stigmate sono quindi un ostacolo agli intenti del padre Gemelli. Cosa fare? Indagare con rigoroso metodo scientifico sul misterioso fenomeno – sul quale nutriva forti dubbi –, anche se ciò avrebbe arguito le sofferenze del povero frate.

Dobbiamo però ricordare un fatto che forse fu la goccia che fece traboccare il vaso, la ragione per la quale il rapporto tra padre Gemelli e padre Pio si incrinò in modo definitivo.

Quest’ultimo, infatti, aveva ricevuto dal Sant’Uffizio la proibizione di mostrare le sue piaghe a chiunque ne avesse fatto richiesta, a meno che non fosse munito di un permesso del Sant’Uffizio stesso. Ma padre Gemelli, un luminare che aveva piena consapevolezza delle sue capacità e conoscenze in materia, si presentò da padre Pio senza quel permesso scritto, proprio per esaminare le sue stigmate, con una buona dose di quello scetticismo scientifico che avrebbe solo aggiunto altro dolore allo Stigmatizzato.

«Va bene, fatelo entrare», disse padre Pio, quando lo avvisarono della visita del Gemelli. Fu un colloquio di pochi secondi, perché il Padre gli chiese subito il permesso scritto del Sant’Uffizio e padre Gemelli dovette ammettere di esserne sprovvisto. «Allora non gliele posso mostrare», replicò padre Pio. Gemelli se ne andò umiliato e indispettito al punto che decise di far emettere – una volta rientrato a Roma – un decreto molto severo nei confronti del cappuccino.

Padre Gemelli, infatti, sostenne di aver visitato padre Pio ed emise questo giudizio sulle sue piaghe: queste ferite di padre Pio sono il risultato di un eccessivo devozionalismo, un autolesionismo dovuto al continuo meditare sulla Passione di Gesù.

Al nostro sguardo sembra, questa, una sorta di vendetta per quel diniego ricevuto, ma anche un modo per dare una risposta, diciamo “scientifica”, a quel fenomeno di per sé umanamente inspiegabile. Una risposta comunque incompleta e superficiale che ripiega su un’ipotesi molto aleatoria e, peggio, non conforme alla verità. Si tratta infatti di un miracolo; di fronte a questi fenomeni la scienza non deve indagare, ma arrestarsi; non sa andare oltre, non sa dire più di quanto può dire, perché si tratta di qualcosa che supera ogni possibile spiegazione umana. Quando il giudizio medico-scientifico vuole fornire una spiegazione puramente razionale del miracolo, tenta in realtà di andare oltre le proprie competenze, di varcare ogni suo limite, e inevitabilmente si scontra con una realtà che non sa né può spiegare. E realtà sono le stigmate sanguinanti che padre Pio porterà nella sua carne per cinquant’anni, segno della sua crocifissione con Gesù. Una crocifissione reale, che si esprimerà visibilmente nel calvario che padre Pio dovrà salire giorno dopo giorno e che rivivrà nella sua vita, soprattutto durante la celebrazione della Santa Messa, che era quanto di più mistico si potesse vedere.

Quanti hanno partecipato alle celebrazioni di padre Pio — molti hanno avuto questa grazia –, tutti furono folgorati e rapiti da questo modo unico di celebrare. E questa è un’altra ragione nascosta della persecuzione nei confronti di padre Pio. Padre Pio dava fastidio. Infastidiva anche il vescovo di Manfredonia. Una delle prime persecuzioni degli anni Venti infuria proprio anche a causa di questo vescovo che poi, come sarà provato da una visita apostolica nella sua diocesi, sarà trovato in difetto su tante cose. Egli scrive alla Santa Sede contro padre Pio, accusandolo soprattutto di dare molto fastidio a causa di quella Messa celebrata in modo così diverso dagli altri sacerdoti. Da lui accorreva una “clientela mondiale”, nonostante il suo parlare schietto e diretto: predicava contro il peccato, senza peli sulla lingua. Diceva le cose come andavano dette, tanto più al clero. Molto spesso, però, ciò che si deve dire non è sempre ciò che si vuole ascoltare, anche all’interno della Chiesa.

Padre Pio era “scomodo”

Questo infastidiva: il modo di essere e di fare di padre Pio, molto genuino, capace di vivere pienamente la fede in Dio, di manifestare nella carne ciò che viveva nel cuore e nello spirito. Ed ecco allora lettere su lettere indirizzate alla Santa Sede perché intervenisse a frenare questa sorta d’euforia creatasi intorno a un frate al limite del grottesco, che spronava – secondo le malelingue – non al culto di Dio ma a un culto intorno alla sua persona.

Mons. Girolamo Bortignon ofm capp. (1905-1992)

Per questa ragione non era possibile, dunque, avere dei “Gruppi di preghiera di padre Pio”, come se lo Stigmatizzato del Gargano fosse già un santo canonizzato, o una sorta di venerabile figura a disposizione della Chiesa! Questa, per esempio, fu la principale accusa rivolta a padre Pio, negli anni Cinquanta, dal vescovo di Padova. Cappuccino anche lui, mons. Bortignon aveva proibito nella sua diocesi che si facessero pellegrinaggi da padre Pio e che si organizzassero i Gruppi di preghiera. Perché, secondo il suo giudizio, cioè equivaleva a fare di questo sacerdote un santo, poiché non solo si pregava per lui ma si pregava con lui, e soprattutto si pregava lui; e chiaramente ciò era inammissibile. Fu questo un modo per perseguitare nuovamente padre Pio e tutti quelli che si rivolgevano e si recavano da lui perché ne ricavavano un grande beneficio spirituale. Il padre Gemelli, dunque, aveva avviato una persecuzione, che, come le altre, sarà costretta a fare capolino.

Un santo vero

Padre Pio non è un santo arcaico al punto tale da poter impedire ogni sorta di apertura alla modernità. Egli è una figura di uomo semplice ma santo! Un uomo che incarna quella spiritualità francescana genuina, che trova continuità dagli inizi fino al suo tempo, e anche fino a noi. Padre Pio è un santo puro e vero.

Anche Giovanni Papini – grande scrittore fiorentino – nutriva dubbi circa il nostro cappuccino, perché lo riteneva un frate ignorante e, a suo giudizio, molto “meridionale”. Ma ai dubbi di Giovanni Papini rispose un altro grande scrittore, don Giuseppe De Luca, che aveva collaborato anche con lui, su una rivista fondata a Firenze. Così De Luca scrisse a Papini: «Padre Pio, caro Papini, è un cappuccino ignorante, molto meridionalmente grosso: e tuttavia (badi che oltre a confessarmi ho mangiato con lui e con lui mi sono trattenuto molto) ha con sé e in sé quel Dio tremendo che noi intravediamo in fantasia, e Lui nell’anima caldissima insostenibilmente e nella carne che ne trema sempre, piagata ora più ora meno, gemendo atrocemente. Proprio ho veduto che cosa sia il santo, non dell’azione ma della passione: che patisce Iddio».

Questo giudizio di don Giuseppe De Luca è estremamente toccante ed edificante. Egli descrive chi è padre Pio: un santo che incarna Dio nella sua vita, incarna Gesù Crocifisso, quel Crocifisso che si è manifestato nella sua carne. Quel Dio che i filosofi, gli scrittori, i letterati cercano in qualche modo di afferrare, padre Pio lo possedeva dentro di sé.

In conclusione

A conclusione di questa serie di articoli, cerchiamo di raccogliere le riflessioni finora esposte in un unico pensiero, che possa fungere un po’ da riassunto.

Perché tutte queste tribolazioni? Come mai settanta visite apostoliche, oltre ad accuse e calunnie continue? Accuse che poi — cosa in apparenza assurda, ma che ha un suo senso logico — tutte si conclusero con un decreto di condanna nei confronti di padre Pio. Per ben due anni, il frate del Gargano sarà quasi esiliato, gli sarà impedito di ricevere visite, anche di celebrare la Messa in pubblico e di confessare. Una restrizione molto severa che costrinse il Santo al più completo isolamento. Alla fine, però, ciò che conta è che tutte queste ingiuste condanne sono servite alla sua glorificazione, convergendo nella sua canonizzazione, decretata da san Giovanni Paolo II, il quale strinse, in seguito, anche un legame speciale con il Padre.

Giovanni Paolo II, infatti, conobbe padre Pio da giovane, quando era ancora vescovo di Cracovia (era il 1962 e Wojtyla si trovava a Roma in occasione del Concilio Vaticano II). Per iscritto raccomandò alle preghiere del Santo la guarigione di una mamma a lui tanto cara, Wanda Pó?tawska, colpita da un tumore in fase terminale. Padre Pio pregò e questa donna guarì. Wojty?a, dunque, scrisse di nuovo a padre Pio per ringraziarlo con gioia immensa.

Quando padre Pio ricevette la sua prima lettera, Wojtyla, come abbiamo detto, non era ancora papa ma vescovo di Cracovia. La lettera fu consegnata a padre Pio dal commendatore Angelo Battisti che lavorava in Segreteria di Stato ed era anche amministratore di Casa Sollievo della Sofferenza. Battisti disse a padre Pio che si trattava della lettera di un vescovo, senza ancora comunicargli chi fosse. Il Padre gli chiese di aprirla e di leggerla; quando sentì il nome del vescovo, commentò: «A questo non si può dire di no». Per lume divino, infatti, egli sapeva che quel vescovo sarebbe divenuto Vicario di Cristo.

Giovanni Paolo II, che ha conosciuto anche di persona il frate del Gargano, si recò nuovamente — ormai papa — dallo stigmatizzato dopo la sua morte. Sapeva bene, infatti, chi fosse quel misterioso cappuccino, e perciò volle canonizzarlo.

Ma torniamo alla nostra domanda: perché tutta questa opposizione a padre Pio? Qual è la vera ragione? La ragione ultima è quella evidenziata dal primo padre spirituale di padre Pio, padre Benedetto da San Marco in Lamis, il quale – rispondendo ad una lettera di san Pio inviatagli il 21 agosto 1918 – il 27 agosto 1918 espresse al Santo, senza esitazioni, la ragione delle sue sofferenze (la stigmatizzazione, ecc.): «Tutto quello che avviene in voi […] è vocazione a corredimere» (Ep. I, n. 502).

Ecco il motivo di tutto: padre Pio era chiamato da Cristo stesso a diventare un altro crocifisso – letteralmente, un alter Christus – a favore della Chiesa, per salvarla in un momento di grande confusione e sbandamento. Egli, dunque, fu chiamato a sorreggere su una spalla la Chiesa, sull’altra il mondo, come lui stesso rivelò a Cleonice Morcaldi.

Concludo con una parola di padre Pio tratta dal suo epistolario. Egli scrisse di essere convinto che il suo cammino spirituale fosse un cammino che lo avrebbe portato, giorno dopo giorno, verso il monte santo del Golgota, per essere crocifisso con Cristo. E in un suo scritto del 1913, riporta queste parole che Gesù stesso gli rivolse: «Quante volte mi avresti abbandonato, figlio mio, se non ti avessi crocifisso» (Ep. I, n. 116). Ecco un’altra ragione, forse meno evidente, della sua crocifissione.

Padre Pio annotò ancora che Gesù una volta gli disse: «Io [la croce] non la do a tutti, ma solo a quelle anime che mi sono più care» (ibidem). Per questo padre Pio è stato crocifisso: perché imparasse ad amare, perché fosse un amico intimo di Gesù e fosse corredentore a favore della Chiesa. È di questo che la Chiesa aveva e ha ancora bisogno.

(Fonte: Il Settimanale di Padre Pio)

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