Fra i santi più amati dalla cattolicità, Padre Pio da Pietrelcina occupa un posto d’onore. Nelle case, nelle auto e sui camion, soprattutto in Italia, la sua effigie è più presente che nelle chiese, ad indicare una popolarità straordinaria. Anche se non tutto fu sempre così tranquillo e scontato…
Il primo sacerdote stigmatizzato della storia della Chiesa, Francesco Forgione, divenuto poi Padre Pio O.F.M. Cap., nacque a Pietrelcina (Benevento) il 25 maggio 1887, quarto di otto figli. Il padre Grazio e la madre Maria Giuseppa De Nunzio erano poveri contadini. La scelta del nome di battesimo derivò dalla grande devozione della madre verso san Francesco d’Assisi. La precoce vocazione religiosa si deve, invece, all’incontro a Pietrelcina dell’undicenne Francesco con un frate cappuccino intorno al 1898, il padre Camillo da Sant’Elia a Pianisi.
In unione di Croce
Dopo un anno di noviziato, frate Pio fece professione dei voti semplici nel gennaio 1904. Ordinato sacerdote nel 1910, girò per i diversi conventi cappuccini del Sud Italia; in seguito venne autorizzato, per ragioni di salute, a vivere in famiglia. Dal 1911 al 1913 divenne responsabile di casa, poiché sia il padre che il fratello Michele tentarono di emigrare in America. Fu un triennio asceticamente e misticamente intenso come registrano le epistole da lui vergate ai suoi direttori spirituali, padre Benedetto e padre Agostino, entrambi da San Marco in Lamis. Visioni, apparizioni, incontri soprannaturali con il Bambino Gesù, con Cristo, la Vergine Santissima, il sangue del Crocifisso… E poi ancora la consapevolezza del peccato, dell’importanza della sofferenza, la presa d’atto della Redenzione e della “corredenzione”, l’espiazione, l’io umile di fronte alla potenza d’amore divina, l’offerta di se stesso quale vittima… in queste lettere emerge come fra’ Pio vivesse già all’epoca in unione di croce con Nostro Signore Gesù.
Nell’autunno del 1911 raggiunse padre Agostino da San Marco in Lamis, insegnante di sacra eloquenza, al convento di Venafro (Isernia), il quale sperimentò le esperienze mistiche di padre Pio: dolori stigmatici, visioni estatiche, vessazioni sataniche.
Le stigmate
Il 20 settembre 1918, mentre pregava di fronte a un piccolo crocifisso nel coro della chiesa conventuale di San Giovanni Rotondo in Puglia, il frate trentunenne vide iscriversi sul suo proprio corpo le cinque piaghe della Passione di Cristo.
Verso le nove di mattina di quel giorno, mentre da solo era raccolto in preghiera, vide stagliarsi Gesù che perdeva sangue dalle mani, dai piedi e dal costato. Sgomento, invocò l’aiuto del Signore e allora vide che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue: «Tutto il mio interno piove sangue e più volte l’occhio è costretto a rassegnarsi a vederlo scorrere anche al di fuori»; «temo di morire dissanguato» (Epistolario, 2004, pp. 1090-1094).
La prima Guerra mondiale e l’influenza spagnola, che vide il suo apice virulento nell’anno 1919, seminarono innumerevoli vittime in tutta Europa, un’Europa ancora cristiana e un’Italia traboccante di cattolici, che invocavano intercessioni divine per porre termine alle sciagure. La figura di padre Pio diventò un punto di riferimento per migliaia e migliaia di persone e la sua fama di santità iniziò a diffondersi sempre più, grazie anche ai doni carismatici di cui era dotato: levitazione, bilocazione, profezia, lettura dei cuori, conoscenza in anticipo dei peccati altrui, emanazione di intensi profumi floreali di vario tipo, in vita e in morte, conversioni, miracoli di guarigione.
Così, già nel 1919 i pellegrini iniziarono a compiere pellegrinaggi nella sperduta San Giovanni Rotondo del Gargano per essere personalmente confessati dal frate stigmatizzato, per chiedere grazie, per assistere alla sua Santa Messa, dove, per obbligo liturgico, doveva togliere i mezzi guanti che gli coprivano umilmente le stigmate delle mani, che lo rendevano sensibilmente un sanguinante alter Christus.
Agostino Gemelli
Quella potente fama di santità iniziò ad allarmare le autorità religiose. A Milano, padre Agostino Gemelli, anch’egli francescano, che stava per fondare l’Università Cattolica del Sacro Cuore, entrò e fu invitato ad entrare in allerta. Compì una visita a San Giovanni Rotondo fra il 19 e il 20 aprile 1920, dopodiché inoltrò al tribunale vaticano del Sant’Uffizio un severo rapporto, nel quale non si accontentò di denunciare l’«atmosfera di suggestione» che circondava Padre Pio, ma, da psicologo e da istologo, diagnosticò le stigmate quali manifestazioni somatiche di una «sindrome isterica», considerando il frate uno psicopatico. Occorreva, dunque, per questo religioso, togliere il frate dall’ambiente in cui si trovava, sottoponendolo all’esame di una commissione formata da un medico, da uno psicologo e da un teologo.
In verità, P. Agostino Gemelli non esaminò mai le stigmate di Padre Pio da Pietrelicina, come fu riportato dai testimoni oculari nel processo di canonizzazione che furono presenti al veloce incontro fra i due.
Fra il 1921 e il 1922, emissari del Sant’Uffizio accusarono con forza il santo cappuccino, tanto da intraprendere con risolutezza una dura repressione. Per un decennio, a partire dal 1923, vennero applicati provvedimenti limitanti il ministero sacerdotale di padre Pio, che fu isolato e allontanato dai suoi fedeli. Dal 1924 iniziarono a circolare le prime agiografie, che furono messe all’Indice dei libri proibiti. La censura nei suoi confronti fu aspra e ferrea: corrispondenza sistematicamente controllata, divieto di confessare i penitenti, divieto di officiare in pubblico la Santa Messa.
Il Sant’Uffizio avrebbe proseguito nel tormentare il sacerdote stigmatizzato, se il laicato di San Giovanni Rotondo non si fosse opposto con forza: i devoti organizzarono un vero e proprio presidio, affinché non venisse allontanato dal suo convento. Nel 1933 gli fu ridata la facoltà di ritornare, ministerialmente parlando, ai suoi fedeli.
I Gruppi di preghiera
I Gruppi di preghiera nel nome di Padre Pio da Pietrelcina si diffusero in diversi luoghi, mentre prendeva forma il progetto ospedaliero Casa Sollievo della Sofferenza, che fece di San Giovanni Rotondo un sito sanitario d’eccellenza.
Da un lato la scienza, dall’altro la fede adamantina, che si palesò anche nella liturgia praticata dal frate, il quale, ad ogni Santa Messa, viveva letteralmente il Sacrificio incruento del Calvario. Dopo la riforma liturgica, seguita al Concilio Vaticano II, Padre Pio domandò e ottenne la dispensa per continuare a celebrare in Vetus Ordo.
La persecuzione non è finita
Sotto il pontificato di Giovanni XXIII la persecuzione nei confronti del cappuccino 73enne riprese nuovo vigore sia per diffidenza nei confronti dei mistici, sia per le invidie che procurava la cassa di San Giovanni Rotondo, alimentata da molteplici benefattori. Fu così che, su iniziativa di alcuni avversari, ispirati da un prelato romano, don Umberto Terenzi, vennero collocati dei registratori nella sua cella e nel suo confessionale e la documentazione raccolta fu consegnata al Papa.
Il 25 giugno 1960, Giovanni XXIII scrisse nella sua agenda:
«Stamane da mons. Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giov. Rotondo. L’informatore aveva la faccia e il cuore distrutto.
Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa, il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una soluzione provvidenziale.
Mi dispiace di P.P., che ha pur un’anima da salvare e per cui prego intensamente.
L’accaduto – cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur, dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona – fa pensare ad un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum, e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti».
Visita apostolica
Il Pontefice, in accordo con il Sant’Uffizio e con il ministro generale dell’Ordine dei Cappuccini, padre Clemente da Milwaukee, ordinò una visita apostolica a San Giovanni Rotondo. Ne derivò che l’autonomia amministrativa della Casa Sollievo della Sofferenza fu ridimensionata, come pure la produzione agiografica e l’affluenza dei fedeli.
È indubbio che la diffidenza, già manifestata nel pontificato di Benedetto XV e di quello di Pio XI, nei confronti di Padre Pio rientra in quell’atmosfera di cultura modernista, che ha intossicato la Chiesa a partire dalla fine del XIX secolo, portandola alla crisi in cui è entrata con il Concilio Vaticano II e con l’applicazione di quest’ultimo, fino a giungere ai tradimenti dottrinali e all’apostasia dei nostri giorni.
La testimonianza di una personalità carismatica come quella di Padre Pio, manifestazione del divino in terra attraverso un suo ministro, ha disturbato e inquietato una Chiesa che sempre più, attraverso il totem del “dialogo”, si è allontanata dal soprannaturale per aderire allo scientismo positivistico e ai dettami del “mondo moderno”.
Fine delle persecuzioni
Fu Paolo VI, il papa spiritualmente e intellettualmente diviso fra cattolicesimo liberale e Tradizione della Chiesa, a sollevare Padre Pio dalle persecuzioni ecclesiastiche. Nel febbraio del 1964, i vertici del Sant’Uffizio comunicarono alla Provincia cappuccina di Foggia come fosse volontà del Santo Padre che il Frate svolgesse il suo ministero in piena libertà. In seguito, il card. Ottaviani trasmise alla stessa Provincia una nuova disposizione di Paolo VI: Padre Pio ricevette la facoltà di comportarsi «come se non fosse tenuto al voto di obbedienza» (Marco Tosatti, Quando la Chiesa perseguitava Padre Pio, Casale Monferrato 2005, pp. 174 s.).
Il 20 settembre 1968, ormai in fin di vita, celebrò la Santa Messa nel cinquantesimo anniversario delle stigmate, che in quell’ultima volta sul Calvario scomparvero miracolosamente. Si spense tre giorni dopo, alle 2:30 di notte. Ai suoi funerali parteciparono più di centomila persone.
Ancora oggi Padre Pio (che è stato beatificato il 2 maggio 1999 e canonizzato il 16 giugno 2002 da papa Giovanni Paolo II) è amato e invocato ovunque, a risposta dei suoi delatori in vita e in morte, seppure gli sia stato intitolato un Santuario a San Giovanni Rotondo, opera dell’archistar Renzo Piano, indegna di Dio e del suo prediletto e umile frate.
Questo testo di Cristina Siccardi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane.
(fonte: radioromalibera.org)