“Mi guardò e mi sorrise”

Testimonianza del padre domenicano Angelico Dossena.

Ho conosciuto la prima volta Padre Pio nel maggio 1949; l’ho rivisto altre volte, sono stato ospite nel suo convento, suo commensale, ho avuto con lui brevi ma significativi colloqui, l’ho osservato in ogni suo modo di parlare e di agire e ne sono rimasto fortemente impressionato, per sempre. Mi è apparso più volte in sogno, benevolo e confortante.

Son divenuto suo sincero e premuroso fedele, al punto da guidare per oltre vent’anni pellegrinaggi alla sua tomba, parlare di lui innumerevoli volte, nella “sua chiesina”, presso la sua tomba, in tutti i luoghi del suo passaggio: Pietrelcina, Foggia, Benevento, eccetera.

Ho formato vari gruppi di preghiera e li ho seguiti finora, con tutto il fervore; ho letto assiduamente, si può dire, ogni rivista e libro su di lui, ho presenziato alla sua beatificazione, pur essendomi costato parecchio sacrificio tutto questo.

Pertanto, credo di essere in grado di rispondere alla richiesta che mi è stata fatta di narrare dei miei incontri con lui, con sufficiente competenza. Ma, sono un domenicano, e come tale, sulla scia di quanti mi hanno preceduto nel predicare la “verità”, mettendola innanzi a tutto e tutti, non intendo farmi condizionare da prudenzialismo di sorta. Quale l’ho conosciuto, Padre Pio, prima e dopo la morte, e nella visuale umana e in quella cristiana, tale lo presento.

Primo incontro

Fu come ho già detto nel 1949, sulla fine di maggio. Ero di ritorno dal Clio, In Sud America, dove ero stato per me una breve missione affidatami dai superiori, ed ero piuttosto giù di salute; una visita a Fatima, nel viaggio, avventuroso, mi aveva ottenuto un miglioramento. Avevo bisogno però di riposo, e chiesi al mio superiore di fare un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Ci arrivai di sera, ed era già buio. San Giovanni Rotondo non era allora quale si presenta adesso. Tutt’altro. Era un borgo di paesani del sud, del Gargano, e il convento con la chiesetta, lontani, poverissimi, in fondo a una interminabile straducciola–tratturo, che mi costò tanto a percorrere. Ci arrivai non preavvisato, alla ventura, com’è un po’ nel mio stile.

Tirai la corda della campanella, con timore di essere ricevuto come san Francesco alla Porziuncola quella fumosa immaginaria notte della parabola a frate Leone, “della perfetta letizia”, e invece fui accolto subito da un fraticello laico con tanta bontà. Mi riconobbe subito dall’abito come domenicano, e in omaggio all’antica amicizia fra i due Ordini, mi offrì senz’altro vitto e alloggio, con una cordialità commovente.

glosojcapio_ (26)Fatto coraggioso da questo, gli chiesi se avrei potuto l’indomani incontrare Padre Pio. «Ma gli dormirà accanto!», mi rispose, «e domattina presto, verso le quattro, lui uscirà, borbottando le sue preghiere; si fermerà all’orologio, per vedere e scenderà verso la chiesa; si faccia trovare lì!». Non dico la gioia e la commozione per tanta premura e … Fortuna!

La mattina dopo, allo Ire e mezzo (avevo dormito poco, per l’emozione e l’attesa), eccomi accanto all’orologio a pendolo! Pregando con fervore che tutto andasse bene. Alle quattro circa, sento un sommesso ciabattio e un confuso brontolio. Eccolo. Non mi vede. Si ferma davanti all’orologio, guarda, e s’accorge di me. Tra il faceto e il burbero mi chiede, con spiccata cadenza napoletana: «E voi, da dove venite?». «Dall’America, Padre!», risposi, alquanto orgoglioso. «Oh! Oh!», fece lui, con aria di benevolo stupore. E s’avviò verso la porta della scala che metteva in sagrestia (ora non saprei più dove trovarla, tanto è cambiato il convento!). Giunti lì, si volse con incredibile amabilità a me, e con gesto d’invito, mi fece: «S’accomodi!». (“Ma guarda un po’ come è garbato!”, dissi dentro di me. E allora chi lo dice altrimenti lo fa proprio per avversione!).

Scendemmo le scale, io gioiosamente e, superbamente, allato. Si percorre il corridoio; io allato. A un tratto, si volge verso di me e iroso: «Ma insomma ti vuoi levare di tra i piedi?». Per poco non sobbalzai; ma pensai subito: “Ahi, ahi! Comincian le dolenti note!”. E prendo a cambiar opinione; ma taccio, anzi sorrido. Si entra in sagrestia, io stavolta dietro; lui si dirige all’inginocchiatoio, e lì tra inginocchiato e seduto, ma tutto raccolto da non avvedersi affatto della turba che lo circonda, fa la preparazione alla Messa: una mezz’ora, almeno!

Si alza e si dirige in un angolo, preparato a confessionale aperto per gli uomini. Mi faccio avanti, con sua sorpresa e m’inginocchio. Preliminari penitenziali, poi, lui: «Da quando è che non ti confessi?». «Da pochi giorni, veramente, Padre». «E che ci vieni a fare; non ho tempo da perdere con te!». Fulmine! Ma ormai non più a ciel sereno! Incasso. «Almeno, mi dia la sua benedizione!». «Ah, questa sì!». (Nota: m’hanno raccontato che stessa risposta la ebbe un certo monsignor Ursi, divenuto poi arcivescovo di Napoli e cardinale). Mi benedice e mi congeda. Immaginate il mio stato d’animo, ma pensai, allora per la prima volta, lo penserò altre volte, e scusatemi la sfacciataggine: «Hanno ragione: è proprio un “rustico sannita”!». Con l’animo sconcertato tentai un’altra sortita. Feci chiedere per mezzo del sagrestano che al Padre, venuto al banco per pararsi, offriva i primi indumenti, se potevo servirgli la Messa. Risposta energica: «Chi la serve la serve!».

Si avvicina allora un poveruomo piagnucolando, e presentando un bambino, supplica: «Padre Pio, guarite questo bambino. È sordo, è muto!». E il Padre, infastidito, ad alta voce: «È sordo, e muto! E io che ce posso fa’?». Il poveretto desolato s’allontana! (“Accidenti, che santo!’’, ripensai io).

Il Padre si toglie i guanti che coprono le stimmate (prescrizione liturgica nel caso). Mi guardò e di nuovo e mi sorrise…

Le vedo benissimo. Che orrore! Tutta una crosta rosso-bruna sulla palma e il dorso delle mani. Ne rimasi sconvolto. O allora? Santo davvero, o mistificatore? Allora feci un gesto, di cui mi pentirò sempre: gli presi con forza la mano destra e la baciai: profumo indescrivibile! Diede quasi un urlo! Lasciai la mano e lo guardai con aria profondamente pentita. Mi riguardò e … mi sorrise, quasi a ringraziarmi del dolore!

Non sapevo più cosa pensare, ma cominciai davvero a dubitare più di me che di lui.

Osservai con quanta cura si adattava i paramenti: con vera pietà liturgica. Lo sentii come un rimprovero, e ne avevo bisogno, quanto ne avrebbero bisogno tanti preti e frati come me. Parato a modo, io lo ero da chierichetto col mio abito bianco-nero (sempre portato anche dopo il Concilio e tuttora, con santo orgoglio!), il Padre si mosse piano piano, attraversando la porticina della chiesa, e fatta la genuflessione all’altare maggiore, varcò il cancelletto e sempre preceduto, deamente! da me, si recò all’altare di san Francesco, ove soleva celebrare.

Sale i gradini dell’altare, sistema il calice sulla mensa, dopo aver steso il corporale, volge uno sguardo devotissimo al suo santo Patriarca; si volge e scende un gradino… Sorpresa! Una donna, forse un po’ incosciente, stava facendo confusione, per chissà che cosa. Il Padre le si rivolge perentorio: «Vuoi star zitta? Siamo in chiesa, siamo alla Santa Messa!». Segue un silenzio di tomba!

E il Padre inizia il santo rito e io rispondo. Mi metto però in posizione di osservare ogni suo movimento. Con quanta compunzione recita il Confiteor! Con quanta devozione il Gloria, l’Oremus! Con quanta attenzione, chino sul messale, legge, scruta la divina parola dell’Epistola! Come si commuovo al Vangelo!

Neppur io so più dove mi trovo: tra cielo e terra, o piuttosto: nell’orto del Getsemani, o sul Monte delle Beatitudini?

Lo servo con gioia all’offertorio, al lavabo. Cosa curiosa: pare che faccia apposta quando gli offro qualcosa, ampolline, manutergio… a porgermi la mano piagata, perché la baci!

Non parliamo poi del prefazio e delle preci eucaristiche: quasi si contorce, suda, sospira, lacrima. E per quanto tempo! Alcune cerimonie della consacrazione durano quarti d’ora, in un clima di vero Calvario! Mi confondo; mi turbo io stesso. Ah! Una cosa: ogni volta che il suo sguardo si posa sull’animetta (un quadratino inamidato) per toglierla o riportarla al calice, e che porta l’immagine di un Gesù sofferente… estasi! Poi mi par di vedere al Padre Nostro, che recita singhiozzando, un rigagnolo grosso di sangue che gli scende dalla mani. Non so più cosa pensare! E mi sento spezzare le reni dalla stanchezza e i ginocchi bruciano: è più di un’ora di questa passione! Mi è valsa per tutti gli esercizi spirituali, che debbo fare ogni anno.

Finita la Messa, torna normalissimo, serenissimo. Rientra all’altar maggiore, per fare le comunioni. Una scenetta: giunto di fronte a una donna, le toglie il piattino per la comunione e passa oltre. Sgomento in tutti. E la donna in ginocchio lo rincorre, bussandolo alla tonaca! Il Padre ritorna un passo e la comunica! Liturgia tutta sua! E morale anche un po’ sua.

Sì, debbo dirlo, a proposito, perché nel modo di confessare, Padre Pio appariva come il più diligente pretino, ligio alla morale manualistica. Il visitatore papale, monsignor Maccari, che Papa Giovanni, proprio lui, perché non gli andava il modo con cui Padre Pio trattava i penitenti, aveva inviato, riferirà al Papa che «Padre Pio teologicamente era mediocre!». Ma si ricrederà, quando più tardi capirà che i “carismatici” sono sopra ogni testo morale, liturgico e giuridico, tanto più che Padre Pio i “carismi” li aveva proprio tutti. Averlo conosciuto!

Solo lui poteva fare in quel modo

Poi il Padre si recò al confessionale delle donne. E io a osservare! Ora che ci penso, se nel mio ministero avessi sbattuto gli sportelli, alzato la voce come lui, sarei stato accusato e punito “per violazione di sigillo sacramentale”. Senza dubbio. Però anche lui ne ebbe a patire per anni, sotto papa Pio XI e anche Giovanni XXIII, ora beato come lui. Chissà che si diranno lassù, lontani dalla Curia romana!

Ma la Chiesa, nel processo di beatificazione, riconoscendo le virtù eroiche suggellate da numerosi, strepitosi miracoli, ha riconosciuto quanto ho già detto da povero teologo: «i carismatici veri sono… sopra ogni legge umana». Anzi, aggiungo un fatto, riguardo a quel suo modo spesso quasi spietato verso certi, anzi molti, penitenti: a un giovane confratello che ingenuamente gli disse: «Allora, Padre, faccio così anch’io». «No, per carità! Tu devi sempre assolvere! A me lasciami fare! Da me ritornano: da te non tornerebbero!». Dunque, era proprio ispirato! Lui solo poteva fare così!

glosojcapio_ (4)Sì, ora ne sono proprio convinto. Padre Pio in tutto ciò che faceva e diceva nel «suo sacro ministero» era davvero ispirato!

Il padre guardiano mi aveva gentilmente invitato a pranzo. Venuta l’ora, io ritardai un po’, per soggezione: temevo di essere messo vicino a Padre Pio e dover subire qualche sua sortita imbarazzante, e non saper rispondere. Mi vennero a chiamare e mi assegnarono un posto piuttosto diverso. Notai due cose: l’estrema sua frugalità: due forchettate di verdura! e la sua amenità! Raccontò allegramente di due curiosi incidenti occorsogli nella mattinata, ma di altro rilievo per questo racconto.

Piuttosto, a un certo punto, si rivolse a me e mi chiese che avessi visto di bello in America. Mi feci coraggio e risposi: «Ho conosciuto i suoi confratelli missionari nel Cile, che reggono una missione presso una tribù di antichi indigeni. Si fanno molto onore!». E lui subito: «Ma quando mai non si son fatti onore i Cappuccini?». Basta! Poco dopo, si alzò e rivolto a tutti disse: «Son venuto per primo e per primo me ne vado: scusate!». Sorprendentemente, venne verso di me e, accennando un’amabile carezza, mi chiese: «Come va?». Ne approfittai per raccomandare alle sue preghiere il mio povero babbo, morto da poco improvvisamente. Volse gli occhi al cielo con un che di mestizia e fiducia, e senza dir nulla, mi accennò un saluto.

Scomparve dietro la porta vicina, o piuttosto, tra uscio e uscio; lo scorsi incantato davanti a un Crocefisso che vi era in alto. Tornava a colloquio col cielo?

Secondo incontro

Fu nel 1965. Papa Giovanni era morto, ma viveva ancora il visitatore da lui inviato per “esaminare” Padre Pio, come già accennato, e se ne faceva un gran parlare; la fama del famoso Cappuccino tornava in discussione, perché ne erano trapelate, stavolta sulla sua cultura e sempre sul suo modo di fare. Anch’io, che non perdevo occasione per saperne qualcosa e magari rassicurarmi, perché, sinceramente per parte mia, un po’ ci credevo, volevo rendermi conto se la Santa Sede smentiva, come trent’anni prima, i suoi carismi. Ero un po’ sconcertato.

Approfittai dell’occasione che, tornando da una breve missione nel Sud, dovevo passare a Foggia. Era un pomeriggio e, a dir la verità, non godevo troppo buona salute, quindi ci andava anche per chiedere una benedizione sul mio stato. Ci arrivai giusto che era appena sceso a confessare gli uomini, sempre nella sagrestia della chiesina, nonostante fosse stata aperta da tempo la nuova chiesa. Dunque mi ero messo in disparte nella sagrestia e osservavo come confessava.

Uno sconcerto! Di parecchi uomini che si avvicendarono all’inginocchiatoio, tutti uscirono… “bastonati”, al sembiante! Solo un bambino uscì sorridente. Ne rimasi quasi scandalizzato. Me ne andai, deciso a non ritornarci più. Però feci in modo, dopo lunghissima attesa, in un corridoio che dal vecchio convento passava al nuovo e verso la chiesa grande, di incontrarlo e chiedergli qualcosa.

Avvertivo disagio e risentimento

Lo abbordai, ma con aria dimessa, pur sentendo dentro di me un senso di forte disagio e risentimento. Gli chiesi un colloquio: mi rispose secco che doveva far la funzione. Infatti era quasi l’ora. Ma il modo con cui mi aveva accolto (probabilmente m’aveva visto presso il confessionale in atteggiamento curioso, come quello di essere avvicinato per ammirazione o importunità); il modo, dico, e i dubbi che avevo per quel che avevo sentito della “visita Maccari”, mi fecero ardito, anzi impertinente, e gli dissi, tra l’altro: «Ma, Padre, le sembra carità codesta nel trattare la gente?». Risposta, tra il serio e il faceto: «Senti un po’ chi lo dice!». Fulminato! E a dovere! (“Tratta coi fanti e lascia stare i santi!”, mi dissi). Pentito, chiesi umilmente perdono. Risposta sollecita e veramente da santo: «Non solo ti perdono, ma pregherò specialmente per te!». Lo sto sperimentando ancora, dopo oltre trent’anni, anzi, più che mai.

“Scornato” ad un tempo e confortato, lo accompagnai verso il matroneo della chiesa grande, e lo persi d vista. Mi andai a rifugiare nell’ultimo posto del matroneo a sinistra, e dopo aver pregato, tutto confuso e rabbonito, vidi che il Padre s’apprestava a dare la benedizione eucaristica. Ma lui come poteva sapere che ero proprio lassù? Ora viene il punto davvero “culminante” della bontà profetica di Padre Pio, per me. Alzando l’ostensorio a benedizione, lo levò alto alto verso di me, me son sicuro, fermandosi un po’! Che benedizione! Commosso fino alle lacrime, mi segnai devotamente. Non sapevo più dove fossi.

Terminata la funzione, scesi nella nuova sagrestia. Vidi il Padre seduto presso il tavolo dei paramenti, assorto profondamente, e circondato da una turba di uomini. Attesi. Mi vide, mi guardò interrogativamente, mi sorrise un saluto. Uscii e partii.

Quando, tre anni dopo, morì, mi rammaricai di non essere ritornato, almeno per i suoi funerali, ma ero impegnato nel ministero.

Ora sono impegnato nei pellegrinaggi alla sua tomba, e ogni volta mi accade qualcosa di straordinario, cioè di… «successo», per merito suo, coi miei pellegrini! Certo, le sue “lezioni” e … benedizioni mi confortano tanto, ora nel mio… “tramonto”.

(Periodico “La Casa Sollievo della Sofferenza”, 2003)

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