Primo capitolo del libro La passione di Padre Pio di Renzo Allegri (Mondadori, Milano, 2015).
Nel pomeriggio dell’8 dicembre 1968, festa dell’Immacolata, il cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, tenne una conferenza per commemorare Padre Pio, che era morto da meno di tre mesi.
La tenne nel convento dei Frati Cappuccini di Bologna, alla presenza di molti religiosi dell’ordine e di esponenti dei Gruppi di preghiera fondati da Padre Pio.
C’era molta attesa tra il pubblico, e soprattutto tra i devoti del Padre. E ciò che il cardinale disse quel giorno ebbe il fragore di una bomba.

Lercaro tracciò una sintesi lucida e insieme dura della vita del religioso. Esaltò la santità del frate cappuccino stigmatizzato, e condannò violentemente chi gli era contro, chi lo aveva perseguitato e lo aveva fatto soffrire.
Oggi Padre Pio è uno dei santi più popolari, ma in vita fu un personaggio discusso e molto combattuto dalla Chiesa stessa.
Senza reticenze, in quella commemorazione, il cardinale Lercaro indicò tra gli avversari più determinati del religioso e del suo processo di santificazione alcuni confratelli di Padre Pio e alti esponenti della gerarchia ecclesiastica. Era chiaro il riferimento al Sant’Uffizio, che nel corso degli anni aveva emesso numerosi documenti disciplinari contro il religioso e addirittura cinque solenni condanne, mai ritrattate. Padre Pio era morto condannato dalla Chiesa. E quella era la prima volta in cui uno dei massimi esponenti della gerarchia ecclesiastica lo difendeva pubblicamente, affermando che era stato ingiustamente perseguitato dalle autorità religiose.
Verso la fine del suo lungo discorso, l’illustre porporato affermò: «Di lui si parlò e si scrisse; lo si condannò e lo si derise; ed egli tacque… Ma ad addolorarlo nel profondo, a farlo agonizzare come il Salvatore nell’Orto degli Ulivi, era il fatto che egli non tanto “per” la Chiesa soffriva… quanto il fatto che “dalla” Chiesa soffriva».
Su san Pio e sulla sua storia è già stato scritto e detto tutto. Migliaia di articoli, centinaia di libri, documentari, film, fiction televisive; un materiale immenso.
Nato a Pietrelcina (Benevento) il 25 maggio 1887 e morto a San Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, il 23 settembre 1968, questo religioso cappuccino è noto per gli strepitosi carismi di cui era dotato, e soprattutto per le stigmate, le piaghe della Passione di Cristo, che portò visibili e sanguinanti sul suo corpo per cinquant’anni. Fu uno dei personaggi più popolari nell’Italia del Novecento, non solo in ambiente cattolico ma in assoluto.
Ma fu anche molto discusso. A partire dal 1919, quando si diffuse la notizia che sul suo corpo erano apparse le stigmate, cioè le ferite che richiamavano la Passione e morte di Cristo, Padre Pio divenne un “segno di contraddizione”. Quelle piaghe, inspiegabili da un punto di vista scientifico, avevano un significato inquietante e minaccioso per alcuni; erano invece radiosa speranza per altri. Furono come fuoco che divise le persone che gli si avvicinavano in amici e nemici; sostenitori e detrattori. Gli uni contro gli altri, in un crescendo di ostilità sempre maggiore, che avvelenò di indicibile amarezza l’esistenza del povero frate.
E la Chiesa appoggiò i detrattori. Vedendo folle di pellegrini che accorrevano a lui, attratte dal mistero delle stigmate, le autorità ecclesiastiche erano preoccupate. Temevano che quelle folle di credenti diventassero vittime di fanatismo. Così, nel 1923, emisero un decreto solenne, affermando che “Non vi era niente di soprannaturale in ciò che accadeva in Padre Pio”, proibendo, di conseguenza, in “forma grave”, a tutti i credenti di avere rapporti spirituali con quel religioso.
Il decreto solenne fu poi seguito, nel corso degli anni, da numerosi altri documenti disciplinari e da altre quattro esplicite condanne, che non furono mai ritrattate. Padre Pio è l’unico santo della storia che sia morto con addosso cinque condanne della Chiesa.
La popolarità di questo santo è oggi grandissima e in continuo aumento. Tutto ciò che lo riguarda, ogni carisma, ogni aspetto della sua figura e della sua azione è stato sviscerato dai mass media, soprattutto dopo la proclamazione della sua santità. I miracoli, le bilocazioni, le profezie, le stigmate, i profumi e tanti altri “segni” mistici, presenti in modo continuo e massiccio nella sua esistenza, sono argomento delle biografie, degli articoli, dei saggi, degli opuscoli, dei documentari, dei film che lo riguardano.
Solo un aspetto della sua vita resta ancora in ombra: la persecuzione cui fu sottoposto da parte della Chiesa.
Una persecuzione che rimane un enigma. Iniziata subito dopo la comparsa delle stigmate sul corpo del religioso, è durata, sempre più accanita, per il resto della sua vita e per diversi anni anche dopo la morte. Le sofferenze subite, sentendosi incompreso e condannato dalla Chiesa cui aveva donato tutto se stesso, furono atroci e spinsero il cardinale Lercaro, che era un suo grande amico e lo conosceva bene, a pronunciare, nella conferenza dell’8 dicembre 1968, quella severa denuncia che rispecchiava un enigmatico fatto storico: “… a farlo agonizzare come il Salvatore nell’Orto degli Ulivi, era il fatto che egli non tanto ‘per’ la Chiesa soffriva…, quanto il fatto che ‘dalla’ Chiesa soffriva”.
Il duro intervento del cardinale suscitò, allora, un enorme scalpore. Gli “amici” di Padre Pio applaudirono. I “nemici” giudicarono l’intervento calunnioso e inopportuno. E si creò un’aperta rivalità tra l’arcivescovo di Bologna e il Sant’Uffizio che, essendo responsabile delle varie condanne emesse contro il religioso, si riteneva colpito direttamente. Ci furono pressioni, forti pressioni, per ottenere una rettifica da Lercaro, ma il cardinale di Bologna non la fece mai.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, Giacomo Lercaro era un cardinale di spicco. Era stato arcivescovo di Bologna dal 1952 al 1968. Sempre schierato, apertamente, a favore di Padre Pio. Sapeva tutto del religioso. Conosceva le decisioni del Sant’Uffizio, che naturalmente non condivideva, ma prima di allora non le aveva mai criticate pubblicamente.
Come egli stesso raccontò, aveva conosciuto Padre Pio quando era un giovane sacerdote. Ne era rimasto affascinato e non aveva mai nascosto la sua ammirazione. Fu un sostenitore dei Gruppi di preghiera, fondati da Padre Pio, e nel 1956 era andato a inaugurare l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, voluto dal frate. Per i devoti del religioso fu un punto di riferimento e un sostegno. Non prese mai posizione diretta contro il Sant’Uffizio e contro le disposizioni che il supremo dicastero ecclesiastico aveva emanato, ma si comportava come se non fossero mai esistite.
Lercaro non fu il solo principe della Chiesa a stimare, allora, Padre Pio e a credere nella sua santità. Un altro porporato che ebbe il coraggio di manifestare pubblicamente la propria ammirazione per il frate con le stigmate e condannare l’ingiusta persecuzione che gli venne inflitta dalla Chiesa fu il cardinale Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova. Commemorando Padre Pio nel quarto anniversario della morte nella chiesa di Santa Caterina a Genova, tenne un discorso in aperta difesa del religioso. A un certo momento affermò: «I primi che avrebbero dovuto riconoscere Gesù Cristo furono quelli che lo hanno mandato in croce; è successo così anche a Padre Pio… Egli fu ridotto a un reietto, fu segregato, impedito, si arrivò al punto di proibirgli di comunicare con la gente…».
Le prese di posizione di Lercaro e di Siri furono un balsamo e un aiuto per i devoti di Padre Pio, ma scandalizzarono molti credenti. Furono aspramente criticate da alti prelati, i quali affermavano che in quel modo si portava la divisione all’interno della Chiesa, insegnando ai fedeli la disobbedienza.
Ma i due porporati, nei loro discorsi, avevano fatto precise e chiare distinzioni. Soprattutto il cardinale Lercaro. Dopo le sue affermazioni di condanna contro la “Chiesa” che aveva perseguitato Padre Pio, volle subito spiegare il senso che dava a quel termine.
Non intendeva certo la Chiesa nel suo significato teologico, che si riferisce a quella società che è il “Corpo Mistico di Cristo, di cui lo stesso Gesù è il capo spirituale”. Società, quindi, per i credenti, santa, infallibile perché guidata dallo Spirito Santo. Il cardinale Lercaro precisò che intendeva riferirsi ad alcuni componenti dell’“istituzione ecclesiastica”, composta da persone, quindi “fallibili” come tutti gli esseri umani. Disse esplicitamente che con il termine “Chiesa” si riferiva “agli uomini della Chiesa, che portano, nella comunità, che Cristo anima del suo spirito e rende mirabile sacramento di salvezza, il peso delle loro miserie, avidità, ambizioni, meschinità e deviazioni”. Per causa di quegli “uomini”, Padre Pio “Sentì l’amarezza di procedimenti arbitrari, di provvedimenti durissimi, ingiuriosi, maligni, senza reagire, senza reclamare… Lo si isolò dagli amici e, come Gesù, poté dire: ‘Invano cercai chi mi si consolasse…; i miei amici e fratelli sono stati da me allontanati…’. Al loro posto vennero gli avversari, rincalzati, nella miserabile astiosità del mediocre che non soffre la superiorità della virtù…”.
Nel caso di Padre Pio, furono molte le persone umane fallibili che, all’interno della Chiesa cattolica, ebbero il compito di giudicare la sua vita, la sua condotta e i suoi fenomeni mistici, e che si sbagliarono clamorosamente. La cosa grave sta nel fatto che quelle persone erano ai vertici di vari dicasteri vaticani, in particolare il Sant’Uffizio, il supremo tribunale per la difesa della fede, che è guidato direttamente dal papa. E per giunta, inspiegabile è anche il fattore “tempo”: la persecuzione non è durata qualche anno, ma alcune decine di anni, nel corso dei quali, alla direzione dei dicasteri vaticani, si sono alternati vari responsabili. Cambiavano le persone, ma l’accanimento continuava. E, come è stato poi ampiamente dimostrato dal lungo e meticoloso processo di beatificazione conclusosi nel 1999, le accuse, le supposizioni, i fatti su cui la persecuzione si basava erano falsi. Tutto falso. Il processo di canonizzazione, che è espressione definitiva del pensiero della Chiesa sulla santità di una persona, e che coinvolge il dogma dell’infallibilità papale, ha formalmente dichiarato che tutte le sentenze e i decreti di condanna emessi in precedenza dalle autorità ecclesiastiche su Padre Pio erano errati.
Però, quei decreti esistono, furono emessi e mai ritrattati.
Il primo decreto ufficiale del Sant’Uffizio nei confronti di Padre Pio risale al maggio 1923 e “squalificava” in forma definitiva e totale le sue stigmate, dichiarando che non avevano “niente a che fare con il soprannaturale”. Quelle ferite erano quindi frutto o di una malattia mentale o di imbroglio. In ogni caso, Padre Pio non poteva essere un “santo”, come pensavano i devoti.
Da allora, fino alla morte, nel 1968, quella sentenza è stata ripresa e ribadita dal supremo tribunale della fede per altre quattro volte, e sempre con lo stesso significato di condanna.
Per gli storici che si interessano di questo argomento, la persecuzione, che non venne mai interrotta, ebbe due periodi incandescenti. Il primo, iniziato nel 1919, continuò con interventi sempre più severi fino al 1933, quando, per eventi che illustreremo, le autorità ecclesiastiche furono costrette ad allentare la pressione senza ritrattare le condanne. Il secondo si sviluppò intorno al 1960; fu breve ma, per le modalità con cui venne condotto e per l’età avanzata di Padre Pio, risultò ancor più doloroso.
Questo significa che, per la maggior parte della sua esistenza terrena, è vissuto in una situazione giuridicamente anomala. Era un sacerdote che svolgeva le funzioni del sacro ministero in un contesto assurdo: celebrava la Messa, amministrava i sacramenti in nome della Chiesa, la quale, con sentenze pubbliche, lo avversava, lo puniva, dubitava della sua moralità, lo additava al pubblico come un imbroglione e comminava contro di lui sanzioni anche molto gravi a causa di tutti i credenti che lo avvicinavano.
Le folle, attratte dai carismi mistici che si manifestavano in quel religioso, accorrevano, gli chiedevano preghiere, miracoli, si convertivano, ritrovavano la fede, il desiderio di migliorare la loro vita. Padre Pio sentiva dentro di sé l’urgenza spirituale di aiutarle, ma insieme avvertiva la lama tagliente delle sentenze emesse dalle autorità ecclesiastiche. Quel giudizio negativo comportava, per i credenti, la proibizione, dichiarata esplicitamente nei documenti di condanna, di andare da Padre Pio, di tenere rapporti con lui, anche solo epistolari. E, di conseguenza, il Padre avrebbe dovuto evitare ogni contatto con le persone che lo cercavano. Ma come? Cacciandole via? Ignorando le loro invocazioni di aiuto? Rinunciando alla sua missione di sacerdote?
Padre Pio visse in un continuo dissidio. Tremendo. Martirizzante. Che spesso suscitava polemiche e infuocate diatribe anche sui giornali, contribuendo a creare confusione, malumori, diffidenza, dubbi.
Oggi queste discussioni non fanno più notizia come un tempo. Ma non sono state dimenticate. Ci sono ancora gruppi di persone, in particolare intellettuali, agnostici o indifferenti ai problemi spirituali, che, scrivendo su quel periodo storico, criticano la Chiesa che, dopo aver perseguitato Padre Pio per tutta la vita, lo ha proclamato santo. Innumerevoli siti internet sono pieni di “post” lasciati da persone comuni, soprattutto giovani, che ironizzano cinicamente e sarcasticamente su questa anomala situazione.
Le gerarchie ecclesiastiche hanno, in un certo senso, “cancellato” il lungo periodo delle ostilità e indicano Padre Pio come uno dei più grandi santi della storia. Nessuno si sofferma più a discutere e analizzare gli anni delle dure condanne. Anzi, si nota un fatto abbastanza curioso: i pochi storici di ispirazione cattolica che affrontano questo tema sostengono che la cosiddetta “persecuzione della Chiesa nei confronti di Padre Pio” non è mai esistita. Secondo loro, è stata solo una “montatura della stampa laica utilizzata per colpire la Chiesa”. Qualcuno, sempre in ambito cattolico, ha definito la persecuzione di Padre Pio “una divertente leggenda che non trova riscontro nelle indagini”. Esiste anche un libro di Stefano Campanella che si intitola Oboedientia et pax. La vera storia di una falsa persecuzione.
Con la proclamazione della sua santità, Padre Pio è entrato in una specie di “nirvana”. I media hanno iniziato a raccontare una biografia diversa da quella reale. Nell’immaginario collettivo, Padre Pio è ricordato e ammirato da tutti come il grande taumaturgo, il santo che fa miracoli, che aiuta tutti, che sana ogni situazione, che sorride a tutti.
Ma, secondo coloro che lo hanno frequentato, che sono considerati i suoi allievi, i suoi “figli spirituali” più attendibili, questo sviscerato amore è superficiale. Non comprende gli aspetti più significativi e più importanti della figura spirituale di Padre Pio.

“Dimenticare le sue sofferenze significa tradirlo”, mi disse un giorno Fra Modestino, un confratello di Padre Pio, considerato, dopo la morte dello stigmatizzato, il suo erede, e del quale è ora in corso il processo di beatificazione. “Padre Pio è stato soprattutto l’uomo della croce. È stato definito ‘alter Christus’ [un altro Cristo] e, come per Gesù Cristo, l’emblema della sua grandezza e della sua santità è costituito dalla croce. Non è possibile pensare Gesù senza croce; non è possibile pensare Padre Pio senza sofferenze. Vivendo accanto a lui ho visto guarigioni, conversioni, ho sentito i celestiali profumi che si sprigionavano all’improvviso dalle sue stigmate, sono stato testimone delle sue profezie, delle sue bilocazioni, e ogni volta provavo un grande stupore. Ma questi sono doni gratuiti di Dio. La santità di Padre Pio sta in ciò che ha dato a Dio. E cioè, quella immane sofferenza che ha vissuto salendo ogni giorno sulla croce, come fece Gesù sul calvario.”
Sofferenze fisiche, provocate dalle malattie, con febbri che raggiungevano 48-50 e anche 52 gradi, e che furono costanti nella sua esistenza. Dolori atroci provocati dalle stigmate sanguinanti che portò sul proprio corpo per mezzo secolo. Ma soprattutto, come disse il cardinale Lercaro, le sofferenze morali e spirituali, provocate dai giudizi e dalle condanne della Chiesa che “lo addolorarono nel profondo, e lo fecero agonizzare come il Salvatore nell’Orto degli Ulivi”.
Questo libro intende soffermarsi soprattutto sul racconto di queste sofferenze “morali e spirituali”. E sulle persecuzioni che ne furono causa e che il religioso subì per tutta la vita.
Sofferenze e persecuzioni che costituirono, da un punto di vista umano, un “giallo” affascinante e insieme conturbante. Un “giallo” che, per i credenti, potrebbe essere definito “mistico”, in quanto ha coinvolto “cielo e terra”, il mondo “visibile” e quello “invisibile”, i valori umani e quelli religiosi, con protagonisti sacerdoti, vescovi, cardinali e perfino papi. Alcune di queste persone splendevano per bontà e fede, e sono già state proclamate sante; altre hanno un processo di beatificazione in corso. Erano quindi persone rette, eppure si sono sbagliate. Nel “giallo”, ebbero ruoli importanti anche molti laici: credenti e atei, peccatori e convertiti, magistrati, prefetti, carabinieri, politici, avvocati, giornalisti, scrittori celebri come D’Annunzio, e perfino ministri e Benito Mussolini. Tutti coinvolti a causa del fenomeno delle stigmate, le ferite che richiamavano la figura del Cristo, studiate da teologi e medici, i cui responsi non furono mai in grado di dare una spiegazione definitiva.
Le stigmate furono la causa di tutto. E provocarono quelle persecuzioni e quelle vicende di cui abbiamo accennato, e di cui ancora si continua a discutere. Come mai la Chiesa fu contro quei potenti segni mistici che ora esalta e venera? E perché proprio i vertici della Chiesa si trovarono coinvolti nella guerra contro il grande stigmatizzato del nostro tempo?
Il racconto si basa esclusivamente su documenti. Migliaia di documenti conservati nell’Archivio segreto del Vaticano e in quello del Sant’Uffizio. Ma anche documenti degli archivi dell’Ordine dei Frati Cappuccini, dei Cappuccini della Provincia di Foggia e di archivi privati di laici, che ebbero ruoli estremamente importanti in questa vicenda. Molti di questi sono inediti.