Padre Carmelo da Sessano del Molise, al secolo Giovanni Durante, divenne figlio spirituale di Padre Pio fin da bambino. Dal 1953 al 1959 divenne guardiano del convento di San Giovanni Rotondo, dunque il diretto superiore del suo padre spirituale. Ebbe perciò un ruolo privilegiato accanto al grande Santo di Pietrelcina. Nel 1999, poco prima della cerimonia di beatificazione, rese pubblici i suoi diari non solo di quel sessennio, ma di tutta la sua vita vissuta all’ombra di Padre Pio. Tali testimonianze sono state raccolte da diverse testate televisive e giornalistiche, in particolare dal settimanale OGGI, da cui traiamo i seguenti estratti in varie parti. Padre Carmelo raggiunse Padre Pio nella Casa del Padre nel 2000, dopo una lunga esistenza vissuta alla luce degli insegnamenti del suo padre spirituale, alla scuola di San Francesco d’Assisi, per vivere veramente il Vangelo di Cristo.
La drammatica confessione fatta nel 1960 da Padre Pio a Padre Carmelo: «Io vivo agonizzando», non si riferiva soltanto alle sue precarie condizioni di salute, ma anche e soprattutto ai suoi tormenti interiori, nel sentirsi ingiustamente umiliato, offeso e calunniato. «Padre Pio non aveva altro che sangue da offrire ai suoi persecutori», spiega il Superiore del Frate Santo e aggiunge che se quest’ultimo riuscì a respingere gli attacchi dei suoi nemici, «i mostri», per usare una sua espressione, fu grazie al sostegno della fede e alla rigida osservanza conventuale.
«Lasciatemi pregare»
Padre Pio, testimonia Padre Carmelo, per cinquant’anni non usufruì mai del suo turno di riposo, non ebbe mai una giornata di svago, malgrado fosse afflitto, da oltre trent’anni, dalle stimmate, cinque ferite sempre aperte e sanguinanti. Anche nel sacrificio e nel martirio quotidiano conservò sempre vivissima la virtù dell’umiltà. E al suo Superiore che raccoglieva con rispetto i suoi scritti disse: «I miei fogli sono carta sporca da buttare via e così pure le bende insanguinate del mio costato. È così lontana da me ogni idea di trionfalismo personale e di autoesaltazione che non voglio dimostrazioni particolari di venerazione. Lasciatemi pregare, il resto non mi interessa».
Per ribadire questo concetto, Padre Pio diventava anche rude di fronte agli eccessi dei pellegrini. Quando passava tra la folla, nei corridoi del convento, in sacrestia, nella sala San Francesco, adibita ai visitatori, racconta Padre Carmelo, si poteva assistere a scene di ressa e di fanatismo che facevano pensare a quelle di cui si parla nei Vangeli a proposito di Gesù peregrinante per le strade della Palestina. Se Padre Pio usciva in pubblico, infatti, a salvaguardarlo dall’entusiasmo dei fedeli, non bastava il cordone dei confratelli predisposto per la sua protezione.
Il Frate Santo, nella sua infinita umiltà, se ne rammaricava e sbottava con Padre Carmelo: «Questo è paganesimo! La gente mi mangia! Dicono che sono troppo brusco, ma che vogliono? Per toccarmi mi si buttano addosso come iene, mi stringono la mano come una morsa, mi tirano le braccia. Mi vedo perduto. Per forza devo gridare, spiace pure a me, ma se non faccio così mi uccidono. Io sono dolorante in tutte le patti del corpo». Poi, più calmo concludeva: «Io non mi inquieto, ma se non mi difendo la folla mi trascina per terra senza avere compassione di me. Se faccio un rimprovero sono io il primo a soffrirne, ma non sono io ad agire, ma Colui che è in me e al di sopra di me».
Anche ammalato e gravato dal peso della sua santità, Padre Pio non tralasciava occasione per inculcare negli altri il suo stesso spirito di obbedienza e di accettazione delle inevitabili tensioni che ormai da tempo si verificavano all’interno del convento. Infatti, quando Padre Carmelo (ancora a San Giovanni Rotondo) gli confidò con amarezza il suo proposito di lasciare il convento per motivi interni, il futuro beato lo esortò alla calma con queste illuminanti parole: «No, fai male a volertene andare. Noi dobbiamo edificare, non distruggere. Solo perché in una casa piove vuoi metterci una bomba sotto? Se il raccolto è scadente, vuoi gettarlo via, senza salvarne le parti migliori? Solo perché si trovano difficoltà nel confessionale, si vuole abbandonare la confessione? Se il Signore intende servirsi di te, che cosa vuoi? Ma statti tranquillo! Continua a pregare perché fai cosa gradita a Dio e a te stesso».
Allora Padre Carmelo, senza replicare, si inginocchiò davanti a lui chiedendogli la benedizione e continuò, sia pure tra mille difficoltà, la sua missione. Ma ormai quei giorni passati insieme, in un continuo scambio spirituale, a tratti anche gioioso, dopo il trasferimento a Foggia di Padre Carmelo erano per entrambi soltanto un ricordo pieno di nostalgia.
La realtà crudele, quella di uomo ammalato e affranto moralmente, fu evidente all’ex Superiore di Padre Pio durante le sue visite. Al Frate Santo, racconta, fu imposto di recitare soltanto un rosario al giorno, secondo le regole conventuali, un castigo assurdo, penosissimo per lui che era abituato a dirne trentasei al giorno, trascorrendo la notte in preghiera. Inoltre gli fu imposto di limitare le confessioni, di riposare, di nutrirsi di più, pretese queste volte, forse, anche al suo bene materiale, ma che non tenevano in alcun conto la dimensione trascendentale a cui era assunto negli ultimi anni di vita, mettendo indirettamente in dubbio la sua santità.
Un miracolo vivente
Padre Pio non poteva essere considerato con i criteri riservati ai comuni mortali, spiega Padre Carmelo, citando a questo proposito la relazione sulle condizioni di salute del frate con le stimmate redatta da Padre Agostino da San Marco in Lamis, suo confessore e direttore spirituale già dal 1907, da cui si evince che qualsiasi persona nel suo stato non sarebbe sopravvissuta. Eccone i brani più significativi: «Padre Pio può dirsi un “miracolo vivente”. Nell’agosto del 1951, in seguilo a gravi coliche renali, chiese i Sacramenti. Nel 1956 il suo fisico era talmente debilitato che il professore londinese Ewans lo dichiarò “biologicamente morto”, spiegando: “Padre Pio, che ingerisce solo pochi grammi di cibo al giorno, consuma una grande quantità di calorie nello svolgimento delle sue molteplici attività e inoltre perde molto sangue dalle stimmate come risulta dall’esame delle bende del costato. Di conseguenza è inspiegabile che egli possa sopravvivere e lavorare, subendo uno stress tale da distruggere anche l’organismo più robusto”».
Questa realtà incontrovertibile, considerando, come puntualizza Padre Carmelo, che il corpo di Padre Pio, dal novembre del 1918 versò sangue in quantità dieci volte superiore al proprio peso, non venne presa in considerazione dai suoi confratelli. Essi, imponendogli cautele e restrizioni nel suo apostolato, commisero un’ingiustizia nei suoi confronti costringendolo a uno stile di vita definito dallo stesso Padre Pio «un’agonia». Nel clima di persecuzione, non mancano per il frate di Pietrelcina le accuse di aver trasgredito al voto di castità, un’offesa insopportabile per lui, che aveva confessato a Padre Carmelo di avere conservato «la purezza battesimale».
Una realtà confermata da molte persone al di sopra di ogni sospetto, tra le quali Antonietta Serritelli, una devota di Padre Pio, che, in mia dichiarazione giurata del 17 novembre del 1977, testimoniò testualmente: «Era un angelo di purezza».
Tuttavia l’ombra del sospetto bastava ad angustiare atrocemente Padre Pio, il quale, tuttavia, trovava modo di giustificare le accuse dei suoi persecutori spiegandole con una sorta dì possessione demoniaca, tanto che di uno di loro disse: «Non è lui che parla, ma il demonio per bocca sua».
E, sempre a proposito di Satana, dimentico delle sue stesse pene, diceva: «Il diavolo mi attacca facendo soffrire chi mi vuole bene più di quanto faccia soffrire me». Ed è ancora al tormento spirituale che va attribuita la frase pronunciata sul suo letto di morte e riferita da Padre Carmelo: «Madonna mia, Madonna mia, ora muoio!», confidando nella Misericordia divina, ma anche temendone il giudizio. «Spero che un giorno non mi troverò alla sinistra del Signore», disse, alludendo alla possibilità di essere escluso dalla sua destra, il posto di Dio. Un dubbio, osserva Padre Carmelo, derivante dal sua santità, sinonimo di un continuo senso di inadeguatezza alla grandezza del Signore.
“Su Padre Pio mi hanno ingannato”
E, a proposito della persecuzione di Padre Pio, rivela un episodio toccante che ha per protagonista un altro prossimo beato, Papa Giovanni XXIII, il quale cercò di fare luce sulla figura tanto calunniata del frate. Infatti, nell’agosto del 1962, evidentemente preoccupato per le maldicenze da cui era circondato il Frate Santo, convocò monsignor Andrea Cesarano per domandargli, con la semplicità tipica del suo carattere: «Che mi dici di Padre Pio?». Poi, rassicurato dalle dichiarazioni del religioso, convinto delle virtù del frate con le stimmate, gli chiese specificatamente notizie sulle registrazioni fatte in segrego durante le confessioni alle donne. E quando ogni dubbio fu dissipato, esclamò con sollievo: «Mi hanno ingannato! Padre Pio è un uomo di Dio! Io nella mia vita non ho fatto mai male a una mosca e voglio rendergli giustizia. Telefona al cardinale Tardini e al cardinale Ottaviani, perché nella prossima riunione plenaria dei membri del Sant’Uffizio dovremo discutere di Padre Pio».
In quell’occasione monsignor Cesarono raccontò a Papa Giovanni che una volta Padre Pio, ormai isolato e sorvegliato, poggiando la testa sulla sua spalla in cerca di conforto, scoppiò in singhiozzi e gli confessò: «Sono come Gesù nell’orto».
L’appassionata testimonianza di Padre Carmelo si chiude con il suo ultimo incontro con il frate con le stimmate, qualche giorno prima della sua morte. «Quell’incontro fu il più commovente della mia vita», racconta. «Ebbi la sensazione di trovarmi di fiorite a un agonizzante. Padre Pio era seduto su una sedia di vimini in terrazza, emaciato in volto, con la corona in mano, immobile, con una voce che era poco più di un rantolo. Spiritualmente assorto, quasi da non rendersi conto di quanto lo circondava, mi apparve come l’ombra dì se stesso, come una vittima ormai al termine della sua vita terrena, sul calvario del Gargano. Fu una scena che, a distanza di tanti anni, rimane scolpita nel mio cuore e nella mia mente. Nella mia memoria il mio Padre Spirituale mi è simile alle figure del Vecchio Testamento al termine dei loro giorni, un novello Mosè, condottiero non di un solo popolo, ma di una moltitudine di popoli disseminati su tutto il globo. Mi inginocchiai per baciargli la mano e dargli l’abbraccio filiale. Mi ricambiò l’abbraccio e mi sorrise senza parlare. Il confratello Padre Mariano gli chiese: “Riconosce chi è?”. Il Frate Santo lo guardò fisso come se si fosse riavuto da uno stato di estasi col Signore e scandì: “Si, lo riconosco”. Quindi disse testualmente: “Figlio mio, offro la mia vita al Signore per evitare un cataclisma universale”. A che cosa alludesse non è dato sapere, ma alla luce degli ultimi drammatici eventi bellici è impossibile non augurarci che le ultime parole di Padre Pio, in occasione della sua beatificazione, possano essere il presagio di mia prossima “pace universale”».
Dopo aver, in un certo senso, raccolto il testamento spirituale del Frate Santo, Padre Carmelo lo rivide già cadavere, disteso su un tavolo collocato nella veranda attigua alla cella. Racconta che fu chiesto al cardinale Ottaviani di imbalsamare la salma del Servo di Dio, ma nonostante fosse stato dato il permesso ciò non avvenne.
Se nel rievocare la scomparsa di Padre Pio, Padre Carmelo appare riservato, evidentemente ancora oppresso da un dolore incancellabile, aprì il suo animo a Papa Wojtyla con una lettera datata 18 gennaio 1979, l’ennesimo atto d’amore e di devozione verso il frate con le stimmate. Eccone un brano: «Ora mi si offre la grazia di attestare davanti al Signore, alla S.V. e alla mia coscienza, sotto giuramento, che Padre Pio è un autentico e colossale Servo del Signore e della Mamma Celeste: angelico nella purezza, religioso, obbedientissimo, poverissimo come un Francesco di Assisi! Crocifisso vivente per cinquant’anni e Vittima per i peccati del mondo».
Gisella Pagano
Matilde Amorosi
4^ e ultima parte.