Meditazione di Padre Pio sulla Passione di Cristo

Tratto da “Padre Pio da Pietrelcina. Meditazioni”, a cura di Padre EZECHIA CARDONE. Ed. Casa Sollievo della Sofferenza, S. Giovanni Rotondo (FG), 1991 (pp. 53-63).

Divinissimo Spirito, illuminami ed infiammami nella meditazione della Passione di Gesù, aiutami a penetrare questo mistero di infinito amore e dolore di un Dio, che, rivestito della nostra umanità, soffre, agonizza e muore per amore della creatura! … L’Eterno, l’Immortale che si abbassa, si umilia fino a subire il più immenso martirio, l’ignominiosa morte di Croce fra insulti, disprezzi ed obbrobri per salvare la creatura che E offese e si ravvolse nel fango della colpa. L’uomo gioisce nella colpa ed il suo Dio per il peccato s’attrista, pena, suda Sangue, fra terribili agonie di spirito.

Via Crucis di San Giovanni Rotondo. Il Cireneo che aiuta Gesù a portare la croce ha il volto di Padre Pio.
Via Crucis di San Giovanni Rotondo. Il Cireneo che aiuta Gesù a portare la croce ha il volto di Padre Pio.

No, non potrò io addentrarmi in questo pelago sconfinato d’amore e di dolore se con la Tua grazia non mi sostieni. Ch’io possa penetrare nell’intimo del Cuore di Gesù per leggervi l’essenza delle Sue amarezze che Lo ridusse a morte lì nell’Orto; ch’io possa confortarlo col mio amore nell’abbandono del Padre e dei suoi. Ch’io possa unirmi a Lui per espiare con Lui.

Addolorata Mamma Maria, uniscimi con Te, per seguire Gesù e condividere le Sue pene ed i Tuoi dolori… Angelo mio Custode, custodisci le mie facoltà e tienile raccolte in Gesù Penante, affinché non vaghino lontano da Lui. Così sia… Giunto al termine della sua vita terrena il Divin Redentore, dopo averci lasciato tutto Se stesso in cibo e bevanda nel Sacramento d’Amore e nutriti i Suoi Apostoli delle Sue Carni Immacolate, si avvia con i Suoi all’Orto degli Ulivi, luogo noto ai discepoli ed allo stesso Giuda. Lungo il tragitto, che mena dal Cenacolo all’Orto, Gesù ammaestra i Suoi discepoli; li prepara alla prossima separazione, all’imminente Sua Passione e li prepara a subire per amor suo calunnie, persecuzioni e la stessa morte; a ricopiare in loro Lui, Modello Divino.

«Io sarò con voi». E voi non vi turbate, o discepoli, perché la Divina promessa non verrà meno; la prova l’avrete nella presente ora solenne.

Egli è là per dare inizio alla Sua dolorosa Passione; più che pensare a Sé, è tutto premura per voi.

O quale immensità d’amore racchiude quel Cuore! … Il Suo Volto è soffuso di mestizia e di amore insieme; le Sue parole partono dall’intimo del Suo Cuore. Egli parla con profusione di affetti, incoraggia, conforta e promette confortando, spiega i più profondi misteri della Sua Passione. Sempre, o Gesù, mi ha toccato il cuore questo Tuo viaggio dal Cenacolo all’Orto, per l’espansione di un amore che si profonde e si fonde con gli amanti suoi per l’espansione di un amore che si avvia ad immolarsi per gli altri, per riscattarli dalla schiavitù. Tu l’hai insegnato che non vi è maggior prova d’amore che dare la propria vita per gli amici, e Tu sei ora per suggellare questa prova d’amore con l’immolazione della Tua vita. Chi non rimane compreso da ‘sì generosa oblazione?

Appressatosi il Divino Maestro all’Orto licenzia i discepoli, prendendone solo tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, per renderli testimoni delle Sue pene. Proprio quei tre che Lo videro trasfigurato sul Tabor tra Mosé ed Elia e Lo confessarono Dio, avrebbero ora la forza di riconoscerlo Uomo-Dio tra pene e tristezze mortali? Entrato nell’Orto dice loro: «restate qui, vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione»; state all’erta, par che dica loro, perché il nemico non dorme: premunitevi contro di lui con l’arma della preghiera, affinché non possiate essere coinvolti ed indotti nel peccato. È l’ora delle tenebre. Ciò raccomandato, si allontana da loro quanto un tiro di pietra, e si prostra a terra.

Egli è estremamente triste: l’anima Sua è in preda ad indescrivibile amarezza. La notte è alta e limpida, la luna splende nel cielo, lasciando nella penombra l’Orto, sembra che proietti sulla terra sinistri bagliori, precursori di cose gravi e sinistri avvenimenti, che fanno rabbrividire e gelare il sangue nelle vene, sembra come tinta di sangue; un vento, come foriero di prossima tempesta, agita gli ulivi, unito a quel fruscio di foglie penetra nelle ossa come annunzio di morte, scendendo fino nell’anima, riempiendola di mortale mestizia. Notte la più orrenda che non ne sorgerà mai più una eguale! …

Che contrasto, o Gesù! Come fu bella la notte del Tuo Natale quando gli Angeli tripudianti annunziarono la pace, cantando gloria; ed ora parmi che mesti Ti fanno corona tenendosi a rispettosa distanza, come rispettando la suprema angoscia del Tuo spirito. È questo il luogo ove giunse Gesù per pregare. Egli priva l’umanità sacrosanta della forza che le conferiva la Divinità, sottomettendola a tristezza indefinibile, a debolezza estrema, a mestizia ed abbandoni, a mortale angoscia. Lo Spirito Suo nuota in esse come in mare sconfinato, che par che ad ogni istante è per sommergersi. Rappresenta al Suo Spirito tutto il martirio della Sua imminente Passione, che come un torrente straripante si riversa nel Suo Cuore e lo martoria, l’opprime e lo dilania. Vede Egli per prima Giuda, discepolo suo, tanto da Lui amato, che Lo vende per sole poche monete, ch’è per appressarsi all’Orto per tradirlo e consegnarlo in mano dei nemici. Lui! … L’amico, il discepolo che poc’anzi aveva satollato delle Sue Carni… prostrato dinanzi a lui gli aveva lavati i piedi e stretti al Suo Cuore, li aveva con fraterna tenerezza baciati, come se a forza di amore volesse distoglierlo dall’empio e sacrilego proposito o almeno, che commesso l’insano delitto, rientrato in sé, rammentandosi delle tante prove d’amore, si fosse pentito e salvato. Ma no, egli si perde e Gesù piange la sua volontaria perdita. Si vede legato, trascinato dai suoi nemici per le vie di Gerusalemme, per quelle stesse vie ove pochi giorni innanzi era passato trionfalmente acclamato quale Messia… Si vede dinanzi ai Pontefici percosso, dichiarato da essi reo di morte. Lui, l’autore della vita, si vede ancora condotto da un tribunale all’altro in presenza di giudici che Lo condannano: vede il popolo Suo, da Lui tanto amato e beneficato, che L’insulta, Lo maltratta e con urli infernali, con fischi, con schiamazzi ne chiede la morte e la morte di Croce. Ne ascolta le ingiuste accuse, vedersi condannato ai flagelli più spietati: si vede coronato di spine, deriso, salutato qual re da burla, schiaffeggiato… Si vede infine condannato alla ignominiosa morte di Croce e salire il Calvario: sfinito sotto il peso di essa, cadere più volte a terra esangue… Si vede, giunto al Calvario, denudato, disteso sulla Croce; crocefisso spietatamente, elevato su di essa, a vista di tutti; appeso a tre chiodi che Gli squarciano e Gli dislogano e vene ed ossa e carne… Oh! Dio, che lunga agonia di tre ore che dovrà straziarlo fra gli insulti di tutto un popolo folle e spietato.

Vede la Sua gola e le Sue viscere bruciarsi dall’ardente sete e vede a questo straziante martirio aggiungersi l’abbeveramento di aceto e fiele. Vede l’abbandono del Padre, la desolazione della Madre appiè della Croce.

In ultimo la morte ignominiosa, fra due ladri, uno che Lo riconosce e Lo confessa quale Dio e si salva, l’altro che Lo bestemmia e l’insulta e muore disperato.

Vede Longino che si appressa e per sommo insulto e disprezzo, Gli squarcia il costato e … come tutti i mortali ancora subisce l’umiliazione del Sepolcro.

Tutto, tutto è schierato innanzi a Lui a tormentarlo e Gesù si atterrisce; e questo terrore si impossessa del Suo Cuore Divino e Lo attanaglia dilaniandolo. Egli trema come preso da febbre altissima, lo spavento si impossessa ancora di Lui ed il Suo Spirito languisce in mortale tristezza. Egli l’Agnello innocente, solo, abbandonato in mano dei lupi, senza alcuna difesa… Egli, il Figlio di Dio… L’Agnello votatosi spontaneamente al sacrificio per la gloria di quello stesso Padre che L’abbandona al furore delle potestà infernali, per la Redenzione del genere umano; di quelli stessi suoi discepoli, che vilmente Lo abbandonano e friggono da Lui come l’essere più pericoloso. Egli, il Verbo eterno di Dio, ridotto alla favola dei suoi nemici…

Ma Egli si ritrae? … No, sin dal principio tutto generosamente abbraccia senza riserva. Com’è, e da che questo terrore? … Questo mortale spavento? … Ah! Egli ha esposto l’umanità Sua come bersaglio a ricevere su di Sé tutti i colpi della divina giustizia lesa per il peccato. Egli sente al vivo nel nudo spirito tutto ciò che deve soffrire, ogni singola colpa che deve espiare con singola pena e si abbatte perché ha lasciata l’umanità Sua in preda a debolezza, a terrori, a spaventi. Sembra agli estremi… Egli è prostrato col volto sulla terra dinanzi alla Maestà del Padre Suo. Quella divina Faccia, che tiene estasiati in eterna ammirazione di Sua Bellezza gli Angeli ed i Santi del cielo, e sulla terra tutta sfigurata. Mio Dio! Mio Gesù! Non sei Tu il Dio del cielo e della terra, eguale in tutto al Padre Tuo, che Ti umilii sino al punto di perder quasi le sembianze dell’uomo?! …

Ah… sì, lo comprendo, è per insegnare a me superbo che, per trattare col Cielo, devo inabissarmi nel centro della terra. E’ per riparare ed espiare la mia alterigia, che Tu Ti profondi cosi, dinanzi al Padre Tuo; è per piegare il Suo pietoso sguardo sulla umanità, ritrattolo per la sua ribellione a Lui. E per la Tua umiliazione Egli perdona alla creatura superba. È per pacificare la terra col Cielo, che Tu ti abbassi su di essa, come per darle il bacio di pace. O Gesù, che sii sempre e da tutti benedetto e ringraziato per tanti Tuoi abbassamenti ed umiliazioni con cui ci hai donato Dio ed a Lui ci hai unito in un amplesso di santo amore.

Gesù si alza e volge al Cielo lo sguardo supplichevole e mesto; eleva le Sue braccia e prega. Mio Dio, di quale pallore mortale è soffuso quel volto! … Egli prega quel Padre che pare volgere altrove lo sguardo e pronto soltanto a colpirlo colla sua vindice spada ed in tutto il Suo furore qual Dio offeso. Egli prega con tutta la fiducia di Piglio, ma conosce appieno l’Ufficio che Egli sostiene. Riconosce essere, il solo per tutti, l’oltraggiatore della Divina Maestà. Riconosce essere il solo che con il sacrificio della sua vita può soddisfare la Divina Giustizia e riconciliare la creatura con il Creatore. Egli lo vuole ed efficacemente lo vuole. Ma la natura è atterrita in vista della sua amara Passione. Tutto vuoi respingere, ma lo Spirito è pronto alla immolazione e ne sostiene la lotta con tutte le sue forze. Si sente abbattuto, ma Egli lotta accanitamente.

Mio Gesù, come potremo noi attingere forza da Te, se Ti vediamo cosi sfinito ed abbattuto?

Comprendo sì: tutte le nostre debolezze hai prese per Te. È per conferire a noi la Tua forza che Ti abbatti così. È per insegnare a noi che dobbiamo solo in Te la nostra fiducia nelle lotte della vita, anche quando ci sembra che il Cielo sia chiuso per noi.

Gesù estremamente oppresso grida al Padre: «Se è possibile passi da Me questo Calice».

È il grido della natura che, oppressa, fiduciosa ricorre all’aiuto del Cielo. Pur sapendo che non sarà esaudito in ciò che domanda, perché Egli cosi vuole. Egli prega. Mio Gesù, qual ne è la ragione perché Tu chiedi quello che non vuoi Ti sia concesso? Il dolore e l’amore.

Ecco il grande segreto. Il dolore che Ti opprime Ti porta a chiedere aiuto e conforto, ma l’amore per soddisfare la giustizia divina e ridarci a Dio, Ti porta a gridare: «Non la Mia, ma la Tua volontà sia fatta».

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